PICCOLA STORIA DI UNA FARMACIA, DI UN CONTE E DELLA PILLOLA
11 DICEMBRE 2016 – Era il novembre 1963 quando il conte Casimirro Gentiloni, antenato del premier incaricato ieri da Mattarella,
era a Sulmona per partecipare ai funerali e portare a spalla la bara di Ida Del Pozzo. Aveva la “Farmacia Centrale” in Corso Ovidio e in corrispondenza di Piazza XX Settembre l’aristocratico marchigiano, discendente dell’artefice della riconciliazione tra Stato e Chiesa nel 1913 dopo il “non expedit” del papa in risposta alla presa di Porta Pia (Ottorino Gentiloni, che nella storia ha conquistato un posto così recente da ricevere l’intestazione di una strada al “Nuovo Salario” a Roma). La farmacista di Gentiloni, Giovanna del Nunzio, due lauree e nata proprio l’anno del “Patto Gentiloni”, era figlia di Ida Del Pozzo e il conte Gentiloni tenne la farmacia fino agli anni Settanta, quando la cedette alla famiglia De Monte. Una inchiesta di “Due più”, rivista che approfondiva con alta risonanza mediatica i primi temi della contraccezione all’indomani della enciclica di Paolo VI che vietava la pillola, mandò in giro per l’Italia una intervistatrice che, giunta a Sulmona, narrò dell’elegante e peraltro fermo diniego di una farmacista dai capelli biondo cenere: “Non vendiamo di quelle cose”.
Era un pomeriggio freddo quello delle esequie alla signora Ida: il conte volle manifestare tutto il proprio affetto alla famiglia e, con un gesto di alto contenuto simbolico, con grande energia e commozione, portò quella bara, abbracciando poi le figlie e i numerosi fratelli del marito, il dentista Vincenzo del Nunzio, morto dieci anni prima.
Ora Paolo Gentiloni porta sulle spalle il peso dell’Italia, con il distacco e l’insoddisfazione della maggior parte degli Italiani. Speriamo che la diffidenza e il dissenso che lo hanno accolto lo inducano a non provarci neppure, se un referendum dal significato così inequivocabile ha un peso in democrazia.