ENERGICA E ABILE BATTAGLIA CONTRO D’ALFONSO, MA…
2 LUGLIO 2015 – Forse Franco La Civita fonda un altro partito; dice contro D’Alfonso le cose che diceva a Natalino Di Giannantonio nel 1975, prima di intraprendere l’avventura di passaggio di “Democrazia Popolare” (con Sinibaldi, Mastrogiuseppe, Manfroni, soprattutto con Don Antonio Di Nello che portava voti e carisma) senza curarsi della DC ufficiale (che lo espulse; e poi lo riammise per gli stessi motivi della espulsione), destreggiandosi come un rampante, esibendosi dalle spalle ben protette ed accoglienti di Remo Gaspari. A sentirlo oggi al “Cinema Pacifico” sembra che voglia rifondare tutto; non solo un partito. Ha detto molte cose giuste, ma non ha spiegato perché la città si trovi come si trova dopo che la sua parabola ha illuminato vita e politica di ogni angolo di Sulmona.
Ma cominciamo da D’Alfonso: “Non ha rispettato la parola data per la designazione di un assessore regionale”; “non ha rispettato l’impegno di salvare il punto-nascite”. E sono le bordate peggiori perché vanno ad intaccare il rapporto che faceva apparire vincente la sua riproposizione in politica un anno fa, accanto all’astro cangiante della politica regionale. Comunque, è ancora una volta abile, perché adesso chi vuole sopravvivere politicamente a Sulmona deve smarcarsi da D’Alfonso in termini categorici e chiari, viste le proporzioni del divario tra la città e il presidente della giunta regionale. Per la prima volta, comunque, La Civita si sceglie una postazione di battaglia preferendo restare solo: non ha don Antonio e neanche Remo Gaspari, non Carmine Mastrogiuseppe (piccola macchina da guerra per la relazioni elettorali).
Gli sedeva accanto, in platea, Giuseppe Evangelista (assessore comunale alla Cultura quando c’era la Cultura comunale, poi consigliere regionale, oggi attento osservatore e generoso partecipante a tutte le iniziative che mirino a salvare Sulmona), ma solo perché quello appena costituito è una specie di comitato di salute pubblica, al quale si può e si deve aderire se si riesce a tracannare una buona dose di “Smemoserina”. Inutile cercarla nella Farmacopea, non esiste una medicina in commercio che faccia dimenticare quanto La Civita abbia saputo volgere a proprio vantaggio una carriera politica regionale e proiettata a più alti approcci nazionali, compreso il laticlavio, interrotta nel settembre 1992.
Ha scelto di stare solo, Franco La Civita, facendo pesare, nel suo discorso, l’assenza del consigliere regionale Gerosolimo, suo pupillo e suo sommo dispiacere, comunque pedina definitivamente persa. Lo si riscontra anche dall’appello che ha fatto alle forze dello “Jamm’ mo’” e che generalmente a Sulmona fanno quelli che tutte quelle forze non le hanno più. Avrebbe dovuto coltivare i giovani, ma politicamente ai giovani bisogna dare e non si può solo prendere.
Comunque è un ottimo manovratore e si è smarcato in tempo da D’Alfonso. Potrebbe rifare un partito, ma è molto meno ecumenico di quaranta anni fa: per esempio fa una brutta scivolata quando sottolinea, per rispondere al sindaco di Pratola, che la BCC non assume se non si è pratolani “nonostante abbiamo accolto a Sulmona questa banca”. Manca un tratto di unione che potrebbe far capire la storia come è andata: per esempio, che Sulmona ha perso per incapacità la sua banca, che assumeva solo sulmonesi, e non ha accolto nessuna banca pratolana, perché la legge dei vasi comunicanti ha fatto tutto. Ma poi, quando si vuol salvare il tribunale, oppure l’ospedale, uno che viene dalla scuola di Gaspari diventa improvvisamente divisivo?
Che l’ultima uscita di La Civita, questo comitato, sia improntata solo a bacchettare D’Alfonso, ad alzare il prezzo delle pretese (sue) sulla Regione, e non abbia una strategia matura e possente come la battaglia per il capoluogo di provincia nel 1989? Manovra di piccolo cabotaggio per poter pensare che sia rivolta veramente a “cambiare verso” al drammatico declino di Sulmona? Bisogna vedere che partito vuole fondare: se quello suo o quello della città. Per ora è solo manovra di piccolo sabotaggio.