ANNIVERSARI – IL PRIMO ARRESTO DI TRESCA NELLA SULMONA DELLA LOTTA DI CLASSE

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E GLI AMERICANI SI INTERROGANO DOPO UN SECOLO SUL SOCIALISTA DI FUOCO

27 MAGGIO 2012 – Un paio di mesi fa un gruppo numeroso di  piccoli imprenditori americani era ospite di un convegno sulla cucina abruzzese: trovandosi nella città d’Ovidio, quei giovani americani formularono alcune domande sul grande poeta romano più che altro per rispetto, ma con poca convinzione.

L’interesse si accese da una miccia molto diversa e decisamente meno letteraria. Argomento della serie di penetranti interrogativi fu la vita di Carlo Tresca, che ovviamente nessuno degli oratori, tra gli ospitanti, aveva citato perchè non fa parte della consapevolezza dei sulmonesi il personaggio di Tresca, che pure non è solo nato a Sulmona, ma è stato forgiato dall’ambiente e si è, per cosi dire, preparato all’avvenire oltreoceano. La curiosità degli americani non era neppure tanto rivolta ad esplorare i torbidi risvolti del suo omicidio a New York, nel 1943, ma alla sua vita di sulmonese, alle sue battaglie politiche e quasi rivoluzionarie.

Il che, se non fosse stato per i sedimenti lasciati dalla “Autobiografia di Carlo Tresca” giunti in soccorso da reconditi anfratti della memoria, avrebbe lasciato perplessi anche gli stessi storici che in quella conviviale combattevano dalla parte dei sulmonesi in trincea e nel fuoco incrociato di domande e risposte, di interrogativi sociali e ideologici. Insomma, tutto quello che gli americani sembra evitino accuratamente di approfondire in patria, lo avevano trasferito al di qua dell’oceano per formarne oggetto di analisi istituzionale.

Deve essere stata la forza evocativa degli anniversari, troppo spesso sottovalutata, ad accendere quel convivio su Carlo Tresca. Infatti siamo in prossimità dell’anniversario del primo arresto del “caratterino”, giunto sul calendario del 10 giugno 1902 e seguìto (ma non c’è certezza al riguardo) da una condanna per adunata sediziosa: la circostanza, comunque, non è decisiva perchè le condanne furono tante da non meritare una scrupolosa distinzione ed elencazione.

Un uomo della sua città

L’avventura di Carlo Tresca è, invece, molto importante per l’analisi della società sulmonese nell’epoca che si apriva, sì, alla bell’epoque, ma che era ricca di insofferenze, di piccole e grandi rivolte, che a Milano avevano portato alla insensata (ma occorre anche usare il termine giusto: criminale) strage dei cannoni del 1899, non estranea al successivo regicidio; e che a Sulmona (mutatis mutandis) teneva in scacco la polizia del posto ed animava un odio davvero smodato tra classi sociali e persino tra persona e persona.

Innanzitutto occorre guardare alle condizioni di coltura nelle quali prosperò il socialismo intransigente (e per certi versi rivoluzionario) del Tresca: “Il Germe”, giornale di Sulmona al quale egli collaborò più come fattorino (come egli riferisce nella “Autobiografia”- Monografie Anicia, Collana a cura di Giuseppe Evangelista e Vittorio Monaco, ROMA 2006) per diventarne poi l’anima, era stato importato da cinque ferrovieri, neanche sulmonesi, condotti però a Sulmona dall’importanza degli impianti della stazione più grande d’Abruzzo. Quelle cinque “firme” erano tutt’altro che consapevoli della singolare opportunità della scelta del nome, perchè proprio intorno a quell’evento si costituì il gruppo di socialisti più vicini a Carlo Tresca e da quelle pagine germinò realmente la coscienza di classe, che non si era affermata nella componente agraria del proletariato sulmonese.

Tracciare un’immagine elegiaca dei contrasti che di lì a poco esplosero in città non significa attenersi alla verità storica: le battaglie con il piombo delle tipografie, tra Il Germe e Il Popolo (organo del clero) seguirono i modi e gli obiettivi che il giornalismo non deve seguire: personalistiche, scandalistiche, vendicatrici. Proprio Tresca racconta che il direttore del suo giornale, stimato professionista, fu costretto a mettersi da parte (pur dopo essere stato scagionato dall’accusa) per aver insidiato una paziente nel suo studio di medico; ma di lì a poco il Vicario del vescovo dovette lasciare la città perchè accusato specularmente di aver insidiato una viaggiatrice sul treno da Bugnara a Sulmona.

Un giornalismo sanguinario

Insomma il metodo di togliere di mezzo gli avversari con accuse sulla loro vita personale non è fenomeno dei giorni nostri; resta il fatto che quelli che lodano, affascinati, i tempi andati solo perchè sono andati, hanno materiale sufficiente da quel periodo da… lupi per scrivere un’altra “Fattoria degli animali”, con le deviazioni e le perversioni che Orwell descrive nella sua.

Molto più blanda (possiamo dire: civile?), di certo, è la Sulmona di questi 110 anni dopo quell’arresto; l’aggressività di allora si ferma alla corrosività dei commenti, talvolta alla demolizione delle iniziative altrui, senza avventurarsi nella lotta aperta e distruttrice.

Ciò non toglie che il carattere di Carlo Tresca, in quella Sulmona che con rara precisione tratteggia, ha assorbito e costruito molti degli elementi consegnati all’esperienza americana da quando, sostanzialmente, è stato costretto a lasciarla per tentare una nuova vita negli States e trovare lì molti proseliti, al punto che ancora dopo tanto tempo un gruppo di americani in visita nella città di Ovidio chiede di lui e non di Ovidio. I prodromi di questa notorietà, peraltro, vennero già quando il socialista focoso organizzava la diffusione del Germe che “giunse in America prima di me. Arrivò fino a Milford, Massachusetts, a Philadelphia, a Brooklyn, New Yord e in molte altre città, dove vivevano e lavoravano i cittadini originari di Sulmona. Essi sostenevano il giornale inviando somme che allora apparivano grandi, favolose per una pubblicazione di quel genere. Mi arrivavano dall’America strani nomi di città, voci misteriose provenienti da terre lontane e sconosciute. I lavoratori degli Stati Uniti si sentivano liberi da quella forma di schiavitù e di servitù della gleba, tanto detestabile nella piccola città che avevano lasciato ancora in preda al feudalesimo ed erano lieti di sapere che, nella loro città natale, qualcuno stava combattendo per l’idea di libertà, di cui essi pensavano di godere in America.”

Sardi de Letto lo dipinge un po’ diverso

Non ha avuto tutti elogi il Tresca, discendente, peraltro, di una famiglia di proprietarii terrieri, ma con qualche disavventura economica, riferita ancora nella “autobiografia” (che forse spiega più di ogni altra ispirazione ideologica lo spirito di revanche del giovane). Per esempio, nel suo “La città di Sulmona”, Francesco Sardi de Letto lo descrive con caratteri un po’ diversi da quelli della “autobiografia” e che hanno consentito di intitolargli una piazza importante.

Bisognerebbe saperne di più, perchè forse in quelle lotte si decise il futuro di una città sonnecchiante, ma improvvisamente baciata dalla fortuna di una doppia ferrovia che, se andiamo a vedere, poteva rappresentare quello che rappresenta oggi un aeroporto. Poteva essere quella “bell’epoque” il rilancio definitivo della città. O, forse, quegli incendiari contrasti erano il segno di una società che non voleva più sperare nel futuro.

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