EDITORIALE – PERCHE’ QUESTA VOCE LIBERA

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Non trovare il nome sul vocabolario potrebbe essere una brutta partenza, segno di localismo. “Il Vaschione” si chiama così perché vuole esprimere un ben circoscritto programma: evocare una immagine che è tra le più care nel cuore dei sulmonesi, la Fontana del Vecchio, al centro della città, con il mascherone che guarda lontano, lungo il Corso, verso il Gran Sasso e che è sorretto dal più elegante monumento dei sulmonesi, l’acquedotto di Re Manfredi. Non dobbiamo “portare avanti discorsi” e “disegnare strategie” nel contesto regionale e nazionale. La rana non tenta di diventare bue e non vuole gonfiarsi; magari si riuscisse a scrivere un giornale che leggessero tutti i sulmonesi e anche quelli che stanno a valle, i generosi pratolani, e giù, giù fino a dove può arrivare la tanta acqua che sgorga dalla Fontana del Vecchio, seguendo le rive del Vella e poi del Sagittario, dell’Aterno e del Pescara. In fondo, è una parte di sulmonesità che non resta a Piazza XX Settembre; i corsi d’acqua, poi, hanno sempre legato gente e culture e il suo rapporto con le consorelle Sulmona può ritrovarlo anche alle soglie del terzo Millennio.

L’acqua del Vaschione aiuta a lavare le troppe incrostazioni degli insuccessi recenti; un’acqua che scorre come quella del ruscello al di sopra degli archi dell’acquedotto non consente che si formino pantani; gli alligatori non si avventurano in torrenti impetuosi; la trasparenza non aiuta gli inganni. Insomma, via di questo passo, potremmo tessere le lodi delle gelide acque delle quali Sulmo è “uberrimus”. In effetti, è anche quella pietra solida e leggermente consumata dalle centinaia di anni ad ispirarci un nome come questo. Nessun sulmonese si ferma molto a contemplare un blocco di pietra tanto artisticamente inciso, meno che meno a leggervi la frase scolpita. Eppure quell’angolo, dove si affacciava una porta della prima cinta muraria, è stato teatro delle cariche dello “Jam’ mò” (nella foto in basso) e, quindi, dell’ultimo sussulto di una popolazione coesa, impaziente nell’esigere il rispetto del diritto a vivere, diverso dall’obbligo di emigrare. Più che captare acqua per lasciarla imputridire in ampolle inutili, come fanno al Nord, vorremmo che una goccia della nostra Sulmona si avviasse dal Vaschione fin dove può, magari fino a Venezia, o fino alle Colonne d’Ercole, per spingerla, con la nostra speranza, oltre.

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