UNA DIRETTA CONSEGUENZA DELLA DECISIONE DEL TRIBUNALE SUI RISCHI PER LA SALUTE
4 SETTEMBRE 2019 – Il principio affermato dal Tribunale di Sulmona ieri per la condanna del Comune a disinfestare Palazzo Mazara è assai incisivo e, a ben guardare, può essere trasferito sic et simpliciter alla indecorosa condizione nella quale l’impianto di trattamento dei rifiuti del COGESA costringe la popolazione della frazione “Marane” e della stessa città di Sulmona con i miasmi che proprio in questi giorni stanno devastando i livelli di vivibilità della Valle Peligna e che paradossalmente vengono attribuiti a situazioni metereologiche assolutamente conformi alla media stagionale oppure a cicli di lavorazione, cioè a conseguenze della inettitudine della gestione dei rifiuti stessi. Anche in tal caso “la mera possibilità di verificazione di rischi per la salute, ancorchè del tutto marginale o persino infinitesimale, deve essere scongiurata, nell’immediato”, per riprendere le argomentazioni del Tribunale.
Il Tribunale di Sulmona, in sostanza, applica con maggior rigore il principio della prevenzione, che nella giurisprudenza italiana ha accompagnato i provvedimenti contro l’inquinamento da campi magnetici (soprattutto per gli elettrodotti): nel dubbio in ordine alla effettiva dimostrazione dei pregiudizi che possono derivare da inquinamento, la tutela delle posizioni soggettive come il diritto, completo e compiuto, alla salute, impone che il giudice debba ordinare la cessazione delle condotte che determinano anche solo il potenziale pregiudizio. Il Tribunale ieri ha fatto di più, perché ritiene inaccettabili anche i rischi “infinitesimali” (è proprio il termine che ha usato). Viene fatta giustizia indirettamente (perché a parità di condotte dannose si applica evidentemente la stessa risposta giurisdizionale) delle ridicole affermazioni di Arta e Asl, inutilmente sventolate dall’amministratore unico del COGESA, Vincenzo Margiotta, e subito passate con grande rilievo alla stampa, circa un disagio olfattivo “appena percettibile”.
Sappia l’Arta e sappia la ASL (che dovrebbero peraltro già saperlo, perché questa materia è più che conosciuta a quelli che la debbono conoscere) che l’”appena percettibile” è un concetto che non aiuta proprio a diminuire l’obbligo del COGESA di impedire che i miasmi del trattamento (o dell’ammassamento?) dei rifiuti raggiungano i cittadini delle Marane, ma anche tutti i sulmonesi che non si turano il naso e fanno finta di niente nella speranza di avere un figlio assunto al COGESA pur che non alzi il culo e cerchi il lavoro all’estero. Del resto, gli odori provenienti dal COGESA non sono fenomeno di oggi.
Se la bislacca risposta fornita dopo il sopralluogo voleva significare che al naso dei verbalizzanti il rivoltante odore di immondizia marcia e di putridume vario era appena percettibile (e pure questa ricerca empirica è da avanspettacolo), il Tribunale non solo ritiene illecita la condotta di chi manda un odore “appena percettibile”, ma addirittura anche quella che determina una puzza “infinitesimale”, chiaro essendo che il cattivo odore reiterato e continuo determina condizioni di vera e propria reazione patologica del corpo e probabilmente anche della mente; comunque è un rischio per la salute e nessuna ARTA o ALS può spendere parole semi-assolutorie.