Apparentamenti serpenti

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INTESE SOTTERRANEE IN VISTA DEL BALLOTTAGGIO

4 GIUGNO 2013 – Apparentamenti ufficiali, quelli previsti dalla legge, non ci sono stati: in compenso si parla in queste ore di contatti e di promesse di collaborazioni.

Quanto non si è discusso alla luce del sole forma oggetto degli approcci simili a quelle prove tra fidanzati o fra amanti; solo che, invece di parlare di passioni e di trasporti, si parla di controprestazioni e di gratificazioni d’assessorati. Chi ha il senso del pudore dovrebbe smettere di leggere a questo punto; agli altri basterà dire che il bene della città è soltanto il preambolo di discorsi che portano al bene personale, alle piccole scalate, ai riconoscimenti per la campagna elettorale combattuta con ogni energia.

Due settimane fa si è detto che la lacuna principale di questa legge per le amministrative sta nella impossibilità di trovare un sostituto ad un candidato che venga a mancare durante la campagna elettorale.

Invece il guaio di fondo di questa normativa sta nel consentire gli apparentamenti sotterranei, che passano al di sotto di ogni riscontro pubblico, di ogni consapevolezza degli elettori. In effetti, i candidati sindaci, come hanno fatto quest’anno a Sulmona, possono non prendere accordi chiari e andare alla guerra come alla guerra. Ma possono telefonare ai capi-lista della costellazione di candidati consiglieri per promettere quello che leggiamo sui quotidiani di ieri e di oggi, sicuramente anche su quelli di domani. Possono, cioè, realizzare in grande stile (e con sicure chance di successo) il vero voto di scambio, il fenomeno tanto biasimato e addirittura tinto di contorni ripugnanti dalla coscienza democratica, perchè visto come l’abiezione del sistema democratico.

Gli apparentamenti nascosti hanno come dato scontato quello che in realtà è soltanto una mera velleità: controllare i voti di un certo gruppo, raccogliere i brandelli di liste che non sono andate al ballottaggio per ipotizzare un riversamento sul nome di un candidato sindaco. Si faceva prima, con le “quadriglie”, cioè con il collegamento delle preferenze, che era una specie di firma nelle schede, per consentire (a urne svuotate) il riscontro della paternità delle scelte. Oggi la velleità di tracciare la filiera del voto di una lista rimasta nel limbo del mancato apparentamento ufficiale dovrebbe ipotecare le scelte di un sindaco all’indomani del ballottaggio.

Qualcosa non funziona; ed è molto peggio rispetto alla impossibilità di sostituire un candidato sindaco deceduto. Per ora la risposta ai tentativi di contrassegnare gli elettori e pensare che la parola di un capolista basti per caratterizzare una certa aliquota di voti a uno dei partecipanti al ballottaggio sembra essere recarsi alle urne e votare scheda bianca, per smentire tutte le ipotesi di accordo e smascerarle per quello che sono: soltanto millantato credito elettorale.

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