Che orrore quelle faglie viste dall’alto

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18 FEBBRAIO 2012 – Ci vorrà ancora un po’ prima che i sulmonesi tornino a guardare con serenità  alla loro Conca. Per quanto il prof. Antonio Mancini abbia illustrato belle foto riprese dall’aereo, nella sua conferenza alla Università della Libera Età, le domande più ricorrenti erano per quelle

ferite che i terremoti hanno lasciato nei secoli sulle montagne. E soprattutto per i “graffi” sul Monte Morrone, che tra i monti è quello più vicino ed è quello più irrequieto. Le faglie dove passano? Quando possono muoversi? Ci saranno precursori adeguati prima che il Morrone si agiti?

L’assillo è quello di tre anni dopo il terremoto: e scomparirà con il passare del tempo. La questione è che, quando questi eventi si allontanano, si abbassa anche la sensibilità per la prevenzione e si torna a costruire alla meglio, come si è fatto all’Aquila, dove addirittura le categorie di classificazione del rischio sismico sono state “addolcite”. La perdita della memoria del terremoto, per fortuna o purtroppo, abbatte anche il livello di attenzione e di prudenza. Diversamente non si spiegherebbe perchè siano state consentite costruzioni che si sfaldano alla prima scossa un po’ significativa.

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