E a L’Aquila si può ancora costruire, ma senza tante cautele

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SULMONA, 20 gennaio – “Il Centro” di oggi riporta quello che sin dal primo numero e in prima pagina è stato scritto su questo giornale: che, cioè, il centro abitato dell’Aquila (e buona parte della provincia) ad eccezione di Marsica e Valle Peligna, è ancora oggi classificato in zona 2 (livello di protezione antisismica richiesto: alto) rispetto a Sulmona ed Avezzano (per esempio) che sono classificate zona 1 (livello di protezione antisismica richiesto: massimo). Vale a dire: ancora dopo il terremoto del 6 aprile 2009, che è stata una replica di quello del 1703, L’Aquila può costruire con cautele inferiori al massimo. Tutto questo in base alla ordinanza n. 3274 del 20 marzo 2003 P.C.M.

 

Ora gli aquilani possono costruire pure di terra le loro case: ma non hanno diritto di pretendere che vi siano ospitati uffici ove si debbono recare gli altri abruzzesi e gli altri italiani: cioè non possono pretendere la sede di capoluogo di regione. Inoltre, possono chiedere che la ricostruzione avvenga anche con il concorso delle casse di tutti gli italiani, ma debbono sottostare alle leggi che si applicano pure a Sulmona e ad Avezzano e che, in presenza di scosse come quelle del 1706 a  Sulmona e del 1915 ad Avezzano, hanno indicato come “massimo” il rischio. E’, dunque, una questione di tutela degli aquilani, ma anche dei non-aquilani. Si determini in via definitiva che L’Aquila ha lo stesso rischio sismico di Sulmona e di Avezzano. E si decida, per esempio, di sistemare il capoluogo regionale con tutti gli uffici a Pescara. Oppure si lasci che gli aquilani continuino a considerarsi a un rischio leggermente inferiore, ma almeno non si diano i fondi pubblici per ricostruire palazzi con criteri e norme che li fanno crollare alla prima scossa seria.

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