SULMONA , 20 gennaio – Alcuni contributi per la riparazione degli edifici lesionati dalle scosse del 7 e dell’11 maggio 1984 sono stati elargiti un anno prima del terremoto del 2009: cioè ventiquattro anni dopo la richiesta che avevano formulato i proprietari. Bastava questa premessa
per impegnare l’attuale sindaco non solo a non prestare il fianco a critiche di favoritismi, ma anche a non tollerare che nessuno dei suoi collaboratori autorizzasse anche soltanto il sospetto di dare la precedenza ad un progetto anziché ad un altro. In ventiquattro anni cambiano tante cose: si compongono nuove famiglie, le case vengono lasciate perchè si trova un lavoro altrove: ma quello che è più intollerabile, sotto il profilo della equità sociale è che, se ci sono state accelerazioni indebite per alcuni progetti, le case dei proprietari svantaggiati si sono presentate inadatte al terremoto del 2009 perchè non rafforzate. E dunque hanno rischiato di più quelli che ci abitavano. Non è soltanto una questione di soldi, quindi.
Fabio Federico ha affermato che sulla trasparenza non prende lezioni da nessuno; e ne ha fatto il segno distintivo del proprio mandato, perchè non deve arricchirsi e non sopporta che altri si arricchiscano approfittando dei poteri di amministrazione. Tra l’altro, pare che abbia cercato in più di una circostanza (sicuramente per la inchiesta sui fondi spesi per la visita del Papa luglio) di anticipare la notifica formale di un avviso di garanzia per parlare con il Procuratore della Repubblica De Siervo delle questioni sollevate. Lo aveva fatto, sotto il profilo personale, con il Procuratore Melogli per le denunce che gli rifilavano i detenuti o internati del carcere solo perchè non concedeva loro, in qualità di medico, quello che chiedevano: un po’ il contrario di quello che fanno i medici quando firmano certificati di falsa malattia.
Ma, di fronte ad una iniziativa che ha tentato di… sorpassarlo a destra, non ha voluto tenersi in segreto le considerazioni più elementari: ha detto, in sostanza, che una commissione di indagine (o di inchiesta) non può essere proposta da quelli che stanno nella maggioranza. Oppure (il che è lo stesso), se qualcuno della maggioranza propone una commissione del genere, in aperta ostilità con lo stesso sindaco, può ritenersi fuori della maggioranza.
La puntualizzazione non è di poco conto, visto che nel passato, proprio a Palazzo San Francesco si assisteva alle mosse di un partito socialista che, con la scusa di definirsi “coscienza critica della maggioranza” si prendeva la libertà di dire fuori delle sale di riunione esattamente il contrario di quello che aveva detto in riunione con il sindaco Paolo Di Bartolomeo, che veniva lasciato solo a sostenere il peso della critica del partito comunista. E’ un gioco neanche troppo furbo, oltre ad essere sleale: gli elettori si ricordano bene di che pasta sono fatti i doppiogiochisti. Ma, se si vuole, da un punto di vista istituzionale non è neppure tanto coerente che quelli che stanno davanti alle leve del potere (e che quindi possono esercitare anche i dovuto controlli) pensino di costituire delle commissioni di inchiesta su… quello che avrebbero potuto e dovuto controllare.
Ora, che l’uscita di alcuni consiglieri di sorpassare a destra il sindaco sia stata dettata da “una esigenza di visibilità” (come si chiama adesso la caccia alla pubblicità gratuita) può essere pure compreso: ma fare anche adesso “la coscienza critica della maggioranza” per lucrare un consenso o anche soltanto una attenzione della pubblica opinione è altrettanto giusto che esponga ad una reazione chiara di chi dovrebbe sentirsi inquisito (o, il che è lo stesso, costretto ad aderire in seconda battuta).
Le inchieste le fa la magistratura.
Le altre sono uscite propagandistiche o peggio: non si è sempre detto che, quando non si vuol risolvere un problema, si nomina una commissione di inchiesta?