UN DECISIVO SOSTEGNO ALLA SALVEZZA DEL TRIBUNALE
23 NOVEMBRE 2015 – Pure quando non mettono l’aglio in testa a Ovidio, quelli di “Fabbricacultura” non scherzano per niente quanto a colpi di badile sulla cultura.
Basta rileggere questo comunicato di un paio di anni fa contro la soppressione del tribunale di Sulmona e guardare la nostra stessa pelle che si accappona. Che dire di questo periodo? Chi riesce ad arrivare alla fine senza perdere il filo degli anacoluti che germogliano, ci faccia una mail:
“La soppressione del Tribunale di Sulmona rappresenta l’ennesimo schiaffo inflitto dallo Stato ad un territorio difficile come il nostro. La legge sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, nata per armonizzare le strutture esistenti, se per alcuni territori può rappresentare una buona occasione di ottimizzazione delle spese sussistendo in zone limitrofe e ben collegate, sia da un punto di vista stradale che logistico, due tribunali che rappresentano solo una duplicazione di un servizio essenziale – e quindi uno spreco – così non può dirsi del Tribunale di Sulmona la cui circoscrizione si estende fino a Pescasseroli (1 ora e mezza di curve e, in inverno, di neve e ghiaccio) e dista dal Tribunale accorpante un’ ora di altrettanto difficile percorso”. La legge rimane senza continuazione; eppure era nata bene, con lo scopo di armonizzare.“I colpi di accetta, voluti dal Ministro Severino prima e Cancellieri poi, con accorpamenti effettuati con criteri generali e senza alcuna eccezione, si basa sulla divisione territoriale per provincia, le quali non solo sappiamo essere in via di soppressione, ma mal distribuite, in particolare nelle nostra Regione, non rappresentanti un criterio omogeneo ma che in realtà ricalcano un criterio ottocentesco”. Qui comincia a venire il mal di testa, perché i colpi di accetta…”si basa”. Dice: ma è un errore aver messo al singolare un verbo che andava al plurale. E anche qua non siamo più nella mera sgrammaticatura, perché concettualmente non si capisce come i colpi di accetta si possano basare sulla divisione territoriale per provincia, perché non è a dire che al tribunale di Sulmona siano stati tolti dei Comuni per costituire un’altra provincia, come accadde quando fu costituita la provincia di Pescara, con Popoli, Tocco e Torre de’ Passeri che salutarono il capoluogo peligno: è stato proprio tolto il tribunale.
Ma poi quel “le quali”, a cosa si riferisce? Alla divisione non è possibile, perché è singolare; alla provincia neppure, per lo stesso motivo. Questa piroetta delle provincie “non rappresentanti un criterio omogeneo, ma che in realtà ricalcano un criterio ottocentesco” è segno di una oscurità concettuale, piuttosto che solo grammaticale. Non è che le cose migliorino con l’appello: “E’ il momento di dire basta!”. Uno pensa che adesso basta, non si scrivano più anacoluti; quindi sta per sottoscrivere a due mani, ma subito dopo: “La spoliazione iniziata qualche anno fa dei presidi esistenti sul nostro territorio deve avere un brusco e deciso arresto ritornando ad avere l’orgoglio di abitare in zone interne e avere il coraggio di pretendere il rispetto per le difficoltà legate all’orografia e al clima”. Sembra di sentire quella barzelletta che circolava su Totti, al quale una commissione di esame aveva chiesto di formare una frase con due gerundi e la risposta fu pronta: “Mi hanno regalato una Ferrari: essendo che già ce l’ho, ‘a vendo”.
Basta: non abbiamo più cuore di andare avanti. Qua non si tratta di leggere di più Ovidio per prendere consapevolezza e non applicargli una corona d’aglio in testa: si tratta di leggere Manzoni, sciacquare un po’ i panni in Arno (ma è sufficiente pure il Vella, per dire).
Per questo alla “Fabbricacultura” hanno coniato lo slogan “Aspettando il Bimillenario della morte di Ovidio”. Aspettando si attrezzeranno con gli straordinari, che a guardare bene si confanno perfettamente ad una fabbrica; un po’ meno alla cultura, che non è un lavoro, è una gioia e, quindi, non si misura sulla base di orari contrattuali e supplementi straordinari.
Ma un rimedio bisogna trovarlo, prima del Bimillenario, se no si finisce per tornare a mettere l’aglio sulla testa di Ovidio in Piazza XX Settembre e poi si prende di mira la statua dentro il complesso dell’Annunziata, per dire in conclusione che non tutti i sulmonesi possono chiedere che l’immagine non si divulghi nel mondo. Ma, mutatis mutandis, un italiano, un quisque de populo, potrà dire che bisogna rispettare le regole dell’Italiano?