L’ULTIMA SEPOLTA VIVA MORI’ CENT’ANNI FA A SANTA CATERINA E ORA POTREBBE ENTRARVI OVIDIO
27 maggio 2017 – Sono in evidente ritardo, ma saranno completati (almeno secondo le assicurazioni ricorrenti) i lavori di restauro dell’ex convento di Santa Caterina: le grandi e piccole aule ospiteranno il polo culturale che (forse) sarà dedicato tutto a Publio Ovidio Nasone. Da un secolo non ci vive più nessuna suora; il complesso fu adibito a istituti scolastici, poi è rimasto vuoto per molto tempo, scosso dai terremoti e sostanzialmente non richiesto dalle esigenze alle quali è stato finalizzato nel corso dei secoli (Nella foto del titolo: lo stemma dell’Ordine Claustrale Domenicano con la Ruota del Martirio).
Più del monastero di Santa Chiara, nota per le sue eccezionali dimensioni e per l’afflusso di novizie da tutto il Regno di Napoli, la clausura di Santa Caterina ha segnato lo splendore culturale della Sulmona dal Cinquecento al Settecento; poi il declino con la scure napoleonica, la vita al lumicino, nell’attesa che l’ultima sepolta viva, suor Muzi da Popoli, raggiungesse le consorelle in cielo, nel 1920. E’ stata la punta di diamante della elevazione dottrinale di Sulmona, perché le ospiti appartenevano all’ordine domenicano (di per sé al vertice della teologia) e si rifacevano all’esempio di Santa Caterina per quella disputa in Alessandria d’Egitto, quando si contrappose ai dotti dell’Impero romano, secondo alcuni alla presenza dello stesso Imperatore Massenzio, subendo la condanna a morte con il supplizio della ruota (addirittura miracolosamente inidoneo) e la decapitazione, secondo la “Leggenda di Santa Caterina d’Alessandria” del Bronzini, negli “Atti dell’Accademia dei Lincei).
Simbolicamente, a Santa Caterina fu intitolata una Accademia costituita nel 1967 per iniziativa del canonico Antonino Chiaverini (autore, tra l’altro, di un “Quaderno”, ormai introvabile, stampato nel 1975 per i tipi della “Moderna” e denso di riferimenti storici e religiosi a Santa Caterina): la chiesa fu trasformata in sala conferenze, furono restaurate alcune opere d’arte, ma già prima della fine degli anni Settanta tornava nell’abbandono. Nel terremoto del 2009 precipitarono dal fronte della Chiesa in Via Angeloni i pinnacoli in pietra, effetto tangibile e angosciante di quello che sarebbe accaduto se le scosse fossero state qualche decimo di grado Richter più forti. Ma era storia che si ripeteva, perché proprio il 3 novembre 1706, tra gli ottocento morti di tutta la città, si contarono le suore Angela Carolina Corvi, di 65 anni, Teresa di Sangro di 69 anni, Caterina de Letto di 66 anni, Teodora de Letto di 53 anni e Cecilia de Letto di 32 anni.