MA SE SI CHIAMA MARSICANO UN MOTIVO CI SARA’

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IL “GRUPPO UNITA’ MEMORIA STORICA” RESPINGE FACILI ASSIMILAZIONI DELL’ORSO DEL PARCO NAZIONALE CON QUELLI DI ALTRI PARCHI NEL MONDO

19 SETTEMBRE 2023 -Sono state sospese tutte le iniziative a tutela dell’Orso marsicano, come la Campagna Alimentare, l’Operazione Mela-Orso e il Progetto In Bocca all’Orso, che avevano costituito intorno al Parco una efficacissima “fascia di sicurezza”, dove soprattutto d’autunno, periodo di “iperfagìa”, i plantigradi debbono nutrirsi abbondantemente con minimo dispendio energetico, per affrontare il lungo sonno invernale. “Anche un bambino capirebbe che, se vi fosse stata abbondanza di granturco, frutta e altro cibo, la povera Orsa Amarena non sarebbe stata costretta a spingersi con i suoi cuccioli fuori del parco, nella piana del Fucino, tra mille pericoli”.

Questa sintetica ricostruzione dei fatti è offerta dal Gruppo Unità Memoria Storica che cerca di inquadrare le più recenti morti di orsi nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Il pretesto addotto da alcuni addetti ai lavori per giustificare questa grave disfunzione – continua Carmelo Nicoloso del “Gruppo” – è purtroppo quanto mai sconfortante, perché pretende di ammantare di “infallibilità scientifica” una maldestra imitazione di alcune esperienze e pratiche straniere. Sostenendo che qualsiasi “supplemental feeding” (e cioè cibo supplementare) risulterebbe inutile, se non addirittura dannoso, sulla base di notizie attinte da pubblicazioni in inglese che però riguardano altre specie, come l’Orso nero, oppure situazioni assolutamente diverse. Ma non sembra vogliano ammettere il fatto incontestabile che nel periodo d’oro del parco, per oltre un trentennio, il cibo offerto ai plantigradi nelle zone da loro frequentate aveva ottenuto risultati straordinari“.

L’analisi del “Gruppo” si conclude con la sottolineatura della specificità dell’Orso marsicano diffuso nel Parco: “Ed è proprio che qui si coglie uno dei motivi della crisi attuale, che potremmo definire “anglicismo cronico”, sul quale varrà la pena di tornare in seguito. Si tratta della deplorevole abitudine di fare sempre e comunque riferimento ai termini inglesi, e non solo: ma di restare succubi di mentalità e metodi che si riferiscono a situazioni non comparabili. In altre parole, ci si appoggia a una pseudoscienza di laboratorio tratta da lavori accademici su contesti ben diversi. Chi mai potrebbe credere, infatti, che le montagne d’Abruzzo, abitate fin dal tempo dei Sanniti e dei Marsi, abbiano qualcosa da spartire con l’immenso, selvaggio e solitario Pacific Northwest americano e canadese? Per capire l’Orso marsicano, e riuscire a salvarlo, è necessario conoscere a fondo tutta la sua storia, percorrere il suo ambiente, viverlo in ogni stagione, e soprattutto interpellare tutti coloro – guardie del parco, forestali, boscaioli, fungaioli, montanari, contadini, pastori, allevatori, naturalisti, ricercatori, escursionisti – che lo hanno spesso incontrato, e hanno vissuto a lungo in stretto contatto con il plantigrado“.

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