LA FRETTA DI FERMARE GARIBALDI IMPEDI’ TANTI CALCOLI
20 NOVEMBRE 2010 – Che fosse una impresa affrettata e non rinviabile è dimostrato dalla scelta del percorso e dall’epoca nella quale fu realizzata. Nessun consigliere militare con un minimo di avvedutezza avrebbe potuto consigliare Vittorio Emanuele a passare sull’Altopiano delle Cinque Miglia alla fine di ottobre; tanto meno ad organizzarvi una spedizione militare, con tutto quello che comporta in quanto a pesantezza e lentezza dei mezzi al seguito.
Eppure il nuovo re d’Italia non poteva fare a meno di raggiungere la Campania in quella fine di ottobre 1860: e il motivo stava tutto nella esigenza di bloccare Garibaldi, impedendo che con la conquista di Napoli diventasse l’alter ego della unificazione dell’Italia.
Se avessero riferito a Vittorio Emanuele tutti i particolari delle bufere che sorprendevano i viaggiatori sulle Cinque Miglia, di certo egli… non avrebbe rinunciato, tale e tanta era la fretta di raggiungere le truppe dei Mille che avevano promesso di consegnare la conquista del Sud nelle mani del Savoia. Ma di certo il Re avrebbe avuto qualche apprensione in più: nel XV° secolo ben due eserciti, a distanza di qualche decennio l’uno dall’altro, si dissolsero nelle nevi improvvise dell’Altopiano. Erano spedizioni forse meno attrezzate di quella del Regno di Sardegna, ma per questo probabilmente anche più agili. Fatto sta che il Lear, nel suo “Viaggio attraverso gli Abruzzi”, riferisce di corpi ed armi rimasti paralizzati nella neve e poi nel ghiaccio fino alla primavera successiva. Cose del genere avvenivano solo a duemila metri di altezza, a Campo Imperatore, altro altopiano storico d’Abruzzo, dove nell’ottobre del 1917 improvvisamente una bufera precoce seppellì decine di migliaia di pecore non ancora avviate in Puglia per svernare. Cose abruzzesi, fomentate da correnti anomale: e cose che non avrebbero consigliato nessuno ad avventurarsi.
Del resto il sovrano non poteva seguire alternative. La “Strada degli Abruzzi”, come l’aveva inaugurata sessanta anni prima Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte, era la più sicura sotto il profilo dell’ordine pubblico e delle opere d’arte che vi erano state allestite: una vera autostrada per collegare il Nord con il Sud, l’unica a dare certezza di un rapido spostamento delle truppe e anche, sotto il profilo logistico, di effettuare sostanziosi approvvigionamenti in caso di necessità, dai territorii che attraversava. Da qui la scelta di fare tappa a Sulmona, che lungo quel tragitto era la città più grande prima della stessa Napoli, dove Vittorio Emanuele II sarebbe entrato il 7 novembre, senza avere al suo fianco Giuseppe Garibaldi.
E lo storico impertinente può chiedersi se l’Italia si sarebbe fatta lo stesso con i Savoia se il Piano delle Cinque Miglia avesse allestito qualche giornata d’inferno alla fine dell’ottobre 1860.