“DIFFICILE FAR TACERE LE DONNE”

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Una fase della rappresentazione dei “Tristia”

UNA STUDIOSA DI CAMBRIDGE RICOSTRUISCE IL FEMMINISMO DI OVIDIO

15 OTTOBRE 2017 – Filomela subisce, come tante nelle “Metamofosi”, una vile violenza;

in più, per lei, lo stupratore, Tereo, re e spasimante respinto, adotta una precauzione, tagliandole la lingua perché non possa riferire a nessuno. Ma secondo Mary Beard, che è a capo della facoltà di Lettere antiche all’Università di Cambridge, Ovidio concede una possibilità che riconosce a tutte le donne; anzi che è caratteristica delle donne, che non possono essere messe a tacere. Filomela, lavorando sul telaio, descrive nelle trame che la sua arte le hanno insegnato, tutto quello che le è stato fatto e chi glielo ha fatto. La testimonianza silenziosa arriva a sua sorella, moglie di Tereo, che non esita a riscattare l’onore di Filomela e uccide il figlio avuto da Tereo, facendoglielo pure mangiare e non riferendogli di chi sia la carne che con tanto appetito ingurgita; al punto che, quando Tereo le chiede dove sia il figlio Iti, gli risponde: “Quello che cerchi lo hai dentro”.

Sanguinolento racconto di Ovidio (ma non dimentichiamo che i Romani andavano contenti nelle arene a vedere i leoni squartare gli uomini), che consente alla Beard di approfondire l’atteggiamento di Ovidio nei confronti del mondo femminile: tema sul quale si sono esercitati in molti e che troviamo in “Fare i conti con i classici. Leggerli, studiarli, amarli”. Il libro, edito da Mondadori, sarà in vendita da martedì. Intanto il Sulmonese ha conquistato un altro titolo a tutta pagina sul “Corriere della Sera” di ieri (“Il lato femminista di Ovidio”) e si conferma come il poeta classico che più ha valorizzato l’intelligenza della donna, al punto di fornire spunti preziosi ai poeti che l’universo femminile hanno analizzato in tutte le epoche: Shakespeare è stato forse il maggiore tra gli artisti influenzati da Publio Ovidio Nasone.

Ancora una volta torna, quando si parla di Ovidio, il tema dell’impedimento a dire quello che si sa, come la “colpa che si deve tacere” alla quale egli fa accenno per la sua relegazione. E si ripropone ancora più attuale la domanda se, come Filomela, Ovidio abbia tessuto il racconto del suo “error” in qualche segmento delle sue opere, affinchè pervenisse ai posteri e la Storia si incaricasse di celebrargli un “giusto processo”.

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