METAMORFOSI A “l’UNITA” CHE AVVERTE IL RESPIRO DI OVIDIO

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AMPIO RISALTO AL COMMENTO SULL’ULTIMA TRADUZIONE DEI QUINDICI LIBRI DI ESAMETRI

2 LUGLIO 2014 – Il giornale fondato da Gramsci, “l’Unità”, titolava proprio su quanto stava accadendo in contemporanea a Piazza del Campidoglio: oltre le ideologie, si poteva cogliere che aria tirasse al centro della Roma dalla quale fu strappato un poeta. “Il respiro di Ovidio”: proprio quello che gli spettatori e gli ascoltatori di Vittorio Sermonti hanno avvertito. “Sermonti sa far sentire quell’aria della poesia non solo attraverso la diretta presenza della sua voce, ma anche nella scrittura: e ciò risulta particolarmente evidente nelle sue versioni dei classici latini, non a caso i due classici che più hanno contato per Dante e per la sua formidabile invenzione, l’Eneide di Virgilio (traduzione con testo a fronte apparsa nel 2007) e ora le Metamorfosi di Ovidio (con testo a fronte, Rizzoli 2014, pag. 838, € 21,00)” scrive oggi Giulio Ferroni nell’articolo che andava in macchina mentre Sermonti leggeva l’episodio di Mirra e quello di Alcione.

E’ un respiro protratto, che dura quindici libri; oppure sono tanti più contenuti respiri, quante sono le “mutate forme”. Per alcune il Sulmonese lascia andare dei sospiri. Ci sembra che Sermonti, in quelli che Ferroni definisce “versi/prosa”, raccolga tutte le sfumature della partecipazione emotiva di Ovidio, diretta a consolare i suoi personaggi per la sventura che li coglie mentre sono giovani, spesso o quasi sempre belli. Nessuno dei miti delle Metamorfosi coglie i suoi personaggi preparati, nessuno di loro si è svegliato pensando di affrontare il giorno del proprio destino. Tutti sono sgomenti delle trasformazioni repentine; a nessuno è dato il tempo di adattarsi con una previsione, un presagio, una malattia che, per quanto penosa e triste, predispone ad accogliere una sorte diversa.  Come si può non pensare che siano tutti concettualmente giovani i protagonisti delle trasformazioni? Forse per questo si sente il sospiro di Ovidio, che avrebbe voluto far divertire ancora Atteone nelle sue giornate di caccia senza che si imbattesse in una visione di Diana nuda, dunque in un episodio che non avrebbe aggiunto o tolto nulla alla sua valentia di cacciatore, e lo stesso avrebbe consentito alla ninfa Callisto che della concupiscenza di Zeus avrebbe fatto a meno.

Si è trasformata molto anche “l’Unità”, se accoglie una pagina intera per parlare di temi che non hanno nulla in comune con la giustizia sociale, con la lotta di classe, e sono tutti destinati a guardare al rapporto degli uomini con gli dei, o degli uomini con gli uomini (e con le donne), ma in vista dell’approdo alla condizione di dei, a rubare finanche l’invidia dell’Olimpo per gli abitanti della terra che hanno sentimenti genuini, che soffrono per vivere in fondo momenti di vera gioia. Cosa c’è, da meritare una pagina nel giornale della lotta operaia, che a Ovidio sarebbe apparsa tutt’al più una delle tante rivolte dei gladiatori e degli schiavi da punire con le croci su tutta la Via Appia? Probabilmente c’è il fascino della ricerca di un “potere forte”: la chiamata a raccolta e l’accorrere, dopo duemila anni e senza cambiare una virgola, di migliaia di persone che Ovidio vorrebbero vederlo ancora scrivere, vicino alla tomba di Giulio Cesare, a raccontare i Fasti dell’Impero e della civiltà Occidentale che evidentemente ancora non si spegne, a quasi mille e seicento anni dal tramonto dell’impero inaugurato da Cesare Augusto.

Anche Ovidio ha migliorato “l’Unità”, senza neanche raccontare la sua trasformazione. E l’ha fatto solo con un respiro. Forse con  qualcosa di più avrebbe potuto cambiare anche il trono del successore di Augusto, come qualcuno ipotizza.

Venere che sonnecchia su una nuvola
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