16 FEBBRAIO 2012 – Non si può verificare quanto sia produttiva la campagna pubblicitaria che infesta giornali e televisioni per la battaglia contro la evasione fiscale: mostrare parassiti repellenti all’ora di pranzo e, poi, la faccia di quello che dovrebbe essere un evasore, ma che assomiglia ad un camorrista, sembra addirittura fuorviante, se si pensa che
così emerge un identikit del tutto irreale. I veri evasori spesso hanno barba rasata, giacca e camicia o viso d’angelo. Ma tant’è: il fisco non è stato mai all’altezza dei suoi compiti, figuriamoci se si può improvvisare conoscitore dei media e delle masse. Magari sarà interessante sapere quanto si spende per simili allestimenti pubblicitari.
Alla mente del cronista sovviene la semplice prassi seguita dai giornali cittadini che ogni anno, almeno fino alla fine degli anni Settanta, pubblicavano la lista dei contribuenti cittadini. C’erano professionisti che dichiaravano un milione e mezzo in un anno, per esempio; l’abitudine di non pagare le tasse, è vero, non è stata sradicata, anche perchè l’esempio di come vengono spesi gli introiti fiscali (altro che servizi…) scoraggerebbe ogni buona intenzione.
Tuttavia, la trasparenza sarebbe comunque preferibile al populismo che anima quelle campagne pubblicitarie fatte più per assecondare istinti puritani che per altro. Non sarebbe sbagliato, anziché mostrare i disgustosi parassiti di tutti gli organi, indicare quanto hanno incassato i cittadini e quanto, detratte le spese di produzione del reddito, hanno versato allo Stato. Sarebbe interessante sapere che, nella malfamata categoria dei liberi professionisti, ce ne sono di quelli che versano di imposta netta quanto altri dichiarano di imponibile lordo. Sarebbe il caso di non lasciar cadere proposte di riforma per le quali se un professionista non dichiara un certo reddito (per esempio: che dire di settanta o ottanta mila euro l’anno?) non deve restare iscritto negli Ordini, pur se può conservare il titolo. Oppure che, dopo tre anni di dichiarazioni in rosso, le imprese commerciali debbono essere cancellate. Beninteso: sarebbe anche il caso di riportare quante ore effettive in un anno ha lavorato un lavoratore dipendente, di quanti periodi di malattia ha beneficiato, di quante aspettative, di quante ferie. Se deve essere casa di vetro, sia per tutti.
Quaranta anni fa il Comune era il luogo dove avveniva il più diretto controllo pubblico sulle dichiarazioni dei redditi; ora (come si evidenzia nell’articolo “FISCO – Se il Comune si attrezza per la caccia alle streghe” nella sezione ATTUALITA’ di questo sito) tutto sembra risolversi all’incentivo alla delazione, a mettere consumatori e “controparte” armati gli uni contro l’altra.
Chi teme dalla divulgazione di quanto dichiara al fisco? E perchè?