Se l’art. 18 distrae dalla tragedia dei veri deboli

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vaschione_20029 MARZO 2012 – La disperazione che avvolge migliaia di famiglie in questi giorni e in queste ore  per l’impossibilità di arrivare a fine-mese sembra passare in secondo piano rispetto alla battaglia per l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Si è capovolto l’ordine delle urgenze e l’ipotesi che

un domani si possa perdere lavoro più facilmente di adesso mette il silenziatore ai suicidi trasversali, di disgraziati artigiani e di imprenditori. Non c’è differenza di censo e questo dovrebbe richiamare l’attenzione delle massime autorità dello Stato, ma anche dei governanti locali che ricorrono alla tassazione per quadrare piccoli e grandi bilanci. Il rapporto tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti è stato deteriorato dall’immenso potere che una legge voluta da PD e PDL ha conferito alla società di esazione per “dare un segnale” e ricomporre il flusso del gettito fiscale non secondo i criteri di equità e giustizia, ma secondo le necessità di cassa. Il gesto eclatante dello sventurato artigiano di Bologna che non riusciva a pagare i 100.000 euro (frutto dei calcoli di sanzioni spaventose) e che doveva affrontare un giudizio penale, è servito solo un giorno per scuotere le coscienze. Ha sbigottito quel “Lasciate in pace mia moglie”, ultima preghiera di chi è perseguitato. Bene, bravi: è questo il frutto anche di campagne pubblicitarie a martello pagate con i soldi dei contribuenti per rappresentare gli “evasori” come i più disgustosi animali, senza che nessuno abbia il coraggio di dire che per ogni cento euro che diamo ad un lavoratore autonomo (sia l’elettrauto che l’idraulico che il professionista) a lui rimangono in tasca solo trenta euro. E senza che nessuno abbia spiegato perchè il capo della polizia italiana prende tre volte lo stipendio del presidente degli Stati Uniti.

Nel circondario di Sulmona la foga famelica delle sanzioni ha prosciugato i risparmi di centinaia di famiglie: l’ondata di cartelle che si è abbattuta tra gli ultimi mesi del 2011 e i primi del 2012 non viene alla luce, talvolta per ritrosia dei contribuenti raggiunti da intimazioni sconcertanti; talvolta per non allarmare il “ceto creditorio”, cioè le banche o i creditori meno rappresentabili.

E’ giunto il momento di segnalare le ingiustizie più estreme; tanto più che le Commissioni tributarie liquidano con poche righe tutte le questioni che stanno alla base della civiltà giuridica (e per fortuna la Corte di Cassazione interviene ad annullare, ma tardi, quando il fisco ha riscosso tutto).

Parlare di articolo 18 tanto da sopravanzare la voce dei disperati è segno di un altro, incontenibile egoismo. Di classe.

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