Una morte per i valorosi

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Comitato Fulvio Di BenedettoFULVIO DI BENEDETTO, 67 ANNI, ERA CANDIDATO SINDACO

15 MAGGIO 2013 – L’ing. Fulvio Di Benedetto, uno dei sette candidati sindaci alle prossime elezioni del 26 maggio, è deceduto oggi. (Nella foto la sede del comitato vicino al Quadrivio dopo la diffusione della notizia)

Aveva appena finito di svolgere un intervento in una riunione nella sede dell’Associazione Commercianti, quando ha accusato un malore e si è accasciato. Non sono serviti i primi soccorsi e all’arrivo dell’ambulanza aveva già cessato di vivere.

Se Fulvio Di Benedetto non avesse tentato questa avventura, per guidare la città che amava, si sarebbe sentito privo di una parte di sé. Aveva incominciato quasi quaranta anni fa a partecipare anche politicamente alla vita cittadina: nel novembre 1975 si presentò quale indipendente nella lista del Partito Comunista, destando sorpresa in quanti lo ritenevano liberale. Ma aveva fatto la sua scelta, che era quella di non rimanere in un cantuccio e, in particolare, di non svolgere una professione tecnica senza darle un’anima.

Da una barricata diversa aveva continuato a mettersi a disposizione per la sua città: con i progetti per la costruzione di gallerie ferroviarie e dello stesso svincolo di uscita della autostrada per Roma. Fosse stato costruito il casello diverso da Capo Croce non avremmo lo scempio attuale, con un flusso di mezzi pesanti strozzato dentro il centro abitato di Pratola e studiato apposta per favorire lo sviluppo del nucleo industriale di Raiano, senza tenere in alcun conto le esigenze di una arteria di primario interesse nazionale come la ss 17.

Di Benedetto ha curato prima di tutto che non mancasse il supporto progettuale alle idee di rinascita e di sviluppo di Sulmona, senza pretenderne risultati personali. Dunque, davanti ai rischi, anche emozionali e fisici di una difficile campagna elettorale, è ozioso chiedersi adesso: “Chi glielo ha fatto fare?”.

Lo slancio per la propria città, per la propria gente, viene dal profondo dell’animo e, se non è suggerito da istanze materiali e venali, non se ne va. Lasciarlo compresso fa soffrire più che assecondarlo; come sapeva il padre di Fulvio Di Benedetto, il dott. Aldo, che non ha mai interrotto il proprio solitario colloquio con gli amministratori di Palazzo San Francesco, per spronarli, per metterli in guardia dalle insidie di una certa politica regionale fatta solo per rafforzare le città capoluogo. Il primo che avrebbe suggerito a Fulvio di tentare l’avventura per guidare il Comune sarebbe stato proprio quell’animo del nobile campanilismo che non ha mai rinnegato di impostare le proprie battaglie nell’interesse prima di tutto della Conca di Sulmona e che, di fronte alla scelta partitica di Fulvio, avrà accusato più di un’amarezza. Ma Aldo Di Benedetto non sopportava che i sulmonesi si contrapponessero per mere divisioni ideologiche e divenissero nemici nella stessa famiglia.

Chiedersi, dunque, che cosa avesse indotto Fulvio a spendersi e a rischiare per qualcosa che non lo avrebbe ripagato materialmente significa sostanzialmente suggerire una rinuncia per tutti coloro che, solo per spirito della comunità, si mettono a servizio di un impegno politico. Ed è invece un bene che Sulmona abbia avuto sette candidati sindaci, oltre trecento candidati consiglieri; come è un bene che fare politica sia stata la passione di sempre dei Sulmonesi; che nel giorno dei risultati delle elezioni i quotidiani abbiano raggiunto tirature che nessun fatto di sangue o di sport ha assicurato. Questo vuol dire che la città vive; e che forse per questo impulso di vita è capace di unirsi e partecipare alla morte di uno dei candidati sindaci senza le squallide beghe e senza guardare al particolare; al di là delle gelosie, dei tentennamenti e delle interrogazioni se ne valga la pena.

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