AMARCORD PROCESSUALE

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“Me ne andai per prudenza”

Soccorsi e le liste politiche del ’75

 

Gli-uffici-del-ComuneCammina con il ritmo dettato dall’appoggio sul bastone, ma non mostra di aver fretta, né, tanto meno, si lamenta degli acciacchi dei suoi 96 anni compiuti a gennaio.

E si gode un primo sole di aprile sulla grande campata del Ponte Capograssi, mentre si avvia a casa. Attilio Soccorsi è il segretario comunale che nell’ottobre 1975, pur volendo farne a meno, si sorbì la sceneggiata dei partiti (DC e PSI) che non volevano consegnare al penultimo posto la lista dei candidati alle elezioni comunali e si cedevano goffamente il passo sulla soglia del suo ufficio. Ne abbiamo riferito nel numero scorso e quell’episodio ha ridestato i commenti di molti politici di Sulmona, perché fu eclatante il processo penale a carico di un funzionario che doveva solo prendere atto della presentazione delle liste.

Nell’aria il mandato di arresto

 Lungi dal sentirsi infastidito della rievocazione di quei fatti, il severo Attilio Soccorsi (ma di una severità gradevole e ammiccante come quella dei napoletani) si perita di riferire al cronista un particolare che i giornali quotidiani dell’epoca non conobbero: “Me ne andai per prudenza da mio fratello, in una città del Lazio, perché avevo sentito parlare di richiesta di un mandato di arresto, formulata dal Pubblico Ministero al Giudice Istruttore. Anzi, diciamo che mi fu proprio consigliato di non stare a Sulmona in quei giorni. Poi feci una capatina a Napoli, da altri parenti”. Fino a quando il processo si incanalò nelle acque più tranquille della fissazione del dibattimento “per direttissima”, ma, come si diceva, “a piede libero”. La conclusione fu un trionfo per l’immagine del segretario generale del Comune, che l’opinione pubblica inquadrò come il capro espiatorio ingiustamente coinvolto in una vicenda per la quale non aveva gestito nessun tipo di interesse. Né si ritenne che avesse fatto dei favoritismi. Soccorsi se ne andò in pensione di lì a poco e qualcosa mancò al municipio. I suoi oltre trenta anni di pensione lo hanno aiutato a godersi la vita con molta filosofia; ma già allora non era tipo da preoccuparsi per l’arrivo di tempeste.

Soprattutto questo lungo tempo trascorso non ha offuscato il ricordo dell’altro sollievo che gli venne nel giudizio di secondo grado. Infatti, già assolto dal Tribunale, dovette andare all’Aquila per l’appello proposto dal Pubblico Ministero. Oggi si ferma a sottolineare con il gesto del bastone quello che gli disse il Procuratore Generale nel chiedere la conferma della assoluzione e dopo aver ricostruito la pantomima dei rappresentanti delle liste che reciprocamente non volevano arrivare prima dell’ultimo: “Li doveva cacciare con un calcio nel sedere!”.

Ohibò; allora è vero che entrarono fuori tempo massimo ?

E la domanda è rimasta sulla punta della lingua, in una tiepida mattinata di aprile, perché certe volte la serenità di una persona ammodo non va turbata senza alcuna utilità pratica, quando sono scomparse le tecniche di presentazione dei candidati e le esigenze di apparire all’ultimo posto; quando sono scomparsi gli stessi partiti che si contendevano quella casella nella scheda elettorale. E poi, come hanno dimostrato le ultime elezioni, chi deve vincere può farlo anche… senza lista e senza fare decreti ad hoc (anche se il giudizio su chi fa i decreti ad hoc non deve cambiare e ammorbidirsi per questo).

Faceva fede solo l’orologio del segretario

E la domanda sarebbe stata doppiamente inutile, perché non avrebbe mai spostato i termini della questione: il segretario poteva guardare il suo orologio e fidarsi solo di quello, tutto il resto apparteneva alle opinioni. Questo, in sostanza, avevano detto i giudici. E per questo la disavventura non accorciò la vita di Attilio Soccorsi, che ai suoi 96 anni è arrivato con lo spirito di sempre.

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