ANNIVERSARI – Trenta anni delle donne al Rotary

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IL PRIMO ESEMPIO IN ITALIA AL CLUB DI SULMONA

12 FEBBRAIO 2017 – Si aprì trenta anni fa un serrato dibattito nei Rotary Clubs italiani sulla possibilità di far accedere le donne quali socie.

Era una questione di altri tempi, con caratteri addirittura anticostituzionali, se solo si fosse inquadrata come questione essenziale per l’affermazione dei diritti dei singoli. In quel 1987 si andava compiendo la parabola del “nuovo corso” all’interno del Rotary di Sulmona, che stava già portando ad una decisa proiezione all’esterno, nel sociale, con manifestazioni volte soprattutto alla raccolta di fondi per iniziative di solidarietà, non soltanto a corredo di quelle volute da Eavestone, dove c’è la sede internazionale dell’associazione voluta da Paul Harris, ma anche, più localmente, per lanciare borse di studi per giovani del posto.

Sulla diatriba delle “donne sì, donne no”, il Rotary Club di Sulmona assunse una posizione molto netta: considerando che quella specie di dilemma artificioso, frutto soprattutto di un certo compiacimento nel pestare l’acqua nei mortai, tipico di molte associazione volontaristiche, non avrebbe aggiunto nulla a quello che si sapeva sui contenuti delle opposte opinioni, all’unanimità (forse con un paio di astensioni su 54 soci) il club di Sulmona approvò l’iscrizione della dott.ssa Aura Scarsella, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona. La vita del club era fatta per lo più di forti relazioni con i clubs del distretto (Abruzzo, Marche, Umbria e Molise) e le reazioni non si fecero aspettare.

Ma quello che sorprese i rotariani sulmonesi fu il tipo di dissensi, che non vertevano affatto sulla opportunità o sulla necessità che il Rotary accogliesse anche le donne, quanto sul fatto che una norma, ancora operativa e quindi mai abrogata, lo impedisse: quindi una questione solo formale, a fronte dei molti motivi che rendevano ineludibile una partecipazione delle componenti sociali, comunque fossero rappresentate, nel microcosmo del Rotary cittadino. Si dissero le cose più strambe: per esempio si obiettò che se fossero entrate le donne nei clubs italiani e poi, come era loro diritto di rotariane, si fossero recate a far visita in nazioni nelle quali i clubs fossero composti solo da uomini, si sarebbero potuti creare incidenti “diplomatici”, per il contrasto fra norme, nel far sedere accanto un socio e una socia; e chi diceva questo non si avvedeva che già nello Sri Lanka, per dire, c’erano donne rotariane. Il Governatore del distretto, Roberto Barbieri, telefonò per almeno rinviare la decisione; un past governor sulmonese, Raffaele Del Basso-Orsini, si precipitò a dire che, per la violazione delle norme sul sesso, il club di Sulmona sarebbe stato sciolto e, quindi, lui si preparava a trasferirsi, prima di tale funesta circostanza, nel club dell’Aquila, che rimaneva rocciosamente solo maschilista e impenetrabile, come tutta la città montanara lo è agli spifferi del nuovo.

Nella totale mancanza di motivi che contrastassero l’apertura alle donne, i soci del distretto erano piuttosto orientati ad accoglierle: quella chiusura tetragona contrastava con lo scopo di Paul Harris di veder rappresentate tutte le categorie professionali e produttive perché solo così il Rotary avrebbe potuto incidere in tutti i gangli sociali. Ed in effetti, se un presidente del tribunale o un direttore dell’Inps, o un dirigente scolastico fossero stati donne, la discriminazione a sfondo sessista avrebbe impedito di riprodurre ai massimi livelli il relativo “angolo di società”. Ciò nonostante, nell’organismo internazionale che era il consiglio di legislazione, in America, il rappresentante del distretto di Abruzzo, Umbra, Marche e Molise, Mario Bellucci, votò contro l’ammissione delle donne, senza neppure aver prima svolto una consultazione tra i clubs di quelle regioni.

Finì male per l’immagine del Rotary come organizzazione moderna, quella, cioè, che aveva sognato il giovane avvocato di Chicago, Paul Harris: in America la cosa fu portata all’attenzione della Corte Suprema che proclamò l’illegittimità della norma che escludeva le donne, sulla base di un rilievo che dopo trent’anni brucia ancora sulla coscienze davvero liberali. Infatti, per pervenire a questa conclusione, si partiva dal preambolo che il Rotary è una associazione di affari e che, quindi, era illegittimo precluderne l’accesso alle donne, alle quali dovevano essere garantite le stesse opportunità di concludere affari, riconosciute agli uomini.

Per fortuna che il Club di Sulmona aveva imboccato una strada diversa e nessuno dovette imporgli di far entrare le donne. Così, con l’anno rotariano successivo a questa battaglia del 1987, allo scoccare della mezzanotte, fece ingresso la dott.ssa Aura Scarsella, prima rotariana d’Italia. Poi seguirono in molte, e alcune sono diventate presidenti. E la diatriba sul sesso dei rotariani è tornata nella sua nicchia, ben collocata vicino a quella del sesso degli angeli.

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