I CARDINALI ZUPPI E MIELI PARLANO DI PACE

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DIBATTITO AL TEATRO SUL VALORE DEL PERDONO – MA ECCESSIVO RILIEVO AD UNO SFONDONE INIZIALE DEL SINDACO

2 NOVEMBRE 204 – Il ruolo del perdono quale elemento regolatore delle controversie tra uomini e tra nazioni è stato sottolineato questa sera al teatro di Sulmona dal presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi, nel corso del dibattito “Giustizia e Perdono – Le vie della pace” (nella foto una inquadratura dell’evento). “Il perdono deve aiutare a riconoscere le ragioni dell’altro”, quindi deve spezzare la spirale di vendetta che da ogni fatto che si ritiene ingiusto può derivare in ogni confronto, anche bellico, anche in quelli che sembrano irreversibili. Zuppi ha partecipato ad un dibattito pubblico che lo ha fatto incontrare con il giornalista Paolo Mieli. Negli interventi è emersa spesso la figura di Celestino V, nella terra che lo vide realizzare il suo progetto per un Ordine poi riconosciuto dalla Chiesa e che lo ha visto connettersi con la gente del posto, in particolare di Pratola Peligna, come racconta Ignazio Silone nel suo “Avventura di un povero cristiano”; poi nella terra ove si recò Papa Benedetto XVI quando stava maturando la sua scelta di seguire Pietro da Morrone nella rinuncia al papato. Mieli ha fatto riferimento ad una circostanza che “forse narrerò in futuro, non potendolo fare adesso” e che ha riguardato proprio il cardinale Zuppi nel momento del pericolo estremo per un conflitto in atto: più precisamente quello che il prelato ha tentato e che avrebbe indotto il giornalista a rivedere delle sue posizioni; e l’ex direttore del Corriere della Sera ha detto che tornerà a Sulmona per assistere alla Giostra cavalleresca.

Non si fa. Zuppi e Mieli sono tornati più volte sul piccolo, grande sfondone del sindaco, Gianfranco Di Piero, che, presentando gli ospiti del teatro sulmonese, è scivolato parlando del “Cardinale Paolo Mieli”. Il dibattito, in verità, non è stato dei più avvincenti. E neanche dei più convincenti. Quindi, forse per animarlo, i due interlocutori hanno giocato sulla gaffe: Mieli ringraziando Di Piero per averlo promosso e dichiarando di non potersi aspettare migliore auspicio, se non quello “di diventare papa”; Zuppi rivolgendosi a Mieli come “ad un collega”. Magari Di Piero, clericale nei modi molto più di Zuppi, si sarà preparato all’evento come all’occasione della sua vita, da quando frequentava la sagrestia di San Francesco di Paola a quando celebrava nella sede della DC. L’abbiamo incrociato in un corridoio del “Caniglia” qualche minuto prima, mentre accompagnava Mieli e aveva le guance rosse di chi non riesce a contenere la sua emozione. Non ci ha salutato non perché fosse in trance, ma solo perché non lo fa più da quando abbiamo scritto che ha tradito Sulmona andando ad inaugurare il cantiere ferroviario della bretella di San Rufino insieme al presidente della Regione che così ha coinvolto nel tradimento anche Fratelli d’Italia. E’ evidente che stava già mentalmente ripassando il discorso, e ne abbiamo avuto conferma dallo sguardo di Mieli che lo seguiva, ma con l’atteggiamento di chi si chiede “Dove mi porta questo?”, avvertendo la palese indeterminatezza del sindaco altrimenti assorto.

Ma non si fa quello che hanno fatto Mieli e Zuppi.

Allo sfondone iniziale, Di Piero ha fatto seguire una serie di incagli; poi la confessione di sentirsi “molto emozionato” per giustificare l’inappropriatezza del linguaggio. Se a questo si aggiungono le ripetizioni che caratterizzano i suoi discorsi anche quando celebra la pace davanti al monumento ai Caduti offendendo coloro che sono morti a vent’anni non per la pace, si ha l’idea del disastro che avvolgeva il primo cittadino di Sulmona e che gli ha fatto desiderare per un quarto d’ora di essere l’ultimo cittadino di Sulmona, anzi di non stare proprio lì e in quel momento.

Se fossero stati uomini di pace, Zuppi e Mieli avrebbero dovuto glissare, lasciare che nessuno si ricordasse del conferimento della porpora ad un giornalista, per giunta neanche cattolico. Lasciare che chi avesse sentito il titolo improprio dovesse riavvolgere il nastro per capacitarsi della gaffe. Invece hanno perculato il sindaco come si fa al liceo, come gli “amici” di Di Piero dicono che abbia fatto un collaboratore di Eugenio Bennato quando, quasi quarant’anni fa, mentre era assessore per la prima tappa della sua carriera politica conclusa alla fermata successiva di sindaco, aveva intrapreso un discorso un po’ troppo articolato e un tantino ridondante, gli aveva chiesto: “Assesso’ ma cum’ parl?”. E sottolineiamo le virgolette nel sostantivo “amici”.  

Se fossero stati uomini del perdono, Zuppi e Mieli avrebbero considerato che in una piccola città, quando ad un evento eccezionale un protagonista fa una marronata, viene ricordato per quella in secula seculorum, a prescindere da tutte le opere che, se politico, realizza per la collettività; se imprenditore, allestisce per il progresso dell’economia; se presidente di squadra di calcio, per la promozione alla serie superiore. Se dopo novantanove anni girano ancora finte storielle su quello che Pilade Perrotti avrebbe detto o fatto nell’inaugurazione della statua di Ovidio in presenza del re, figuriamoci per una reale investitura cardinalizia ad una a-cattolico o anti-cattolico (è questione sua che risolverà davanti  San Pietro). Si sono resi conto di quanti ricami saranno allestiti sul frutto dell’emozione, dell’orgasmo per avere il privilegio di presentare il presidente di tutti i vescovi d’Italia e il due volte direttore del maggiore quotidiano d’Italia? Per l’evento di oggi Di Piero ha accettato l’invito di Taglieri che pure aveva disdegnato l’anno scorso addirittura per la presentazione delle “Metamorfosi” stampate non dalla Labor, ma dall’Einuadi.

Domani per Di Piero sarà una durissima giornata: la prima dopo che il sogno di essere il sindaco della pace mondiale si è infranto negli sberleffi compiaciuti di chi forse tante cose da dire sul tema dell’incontro non le aveva.

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