DALLA PAPERA DEL SINDACO ALL’IDENTIKIT FALSO DI CELESTINO

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RETROSCENA DELLA VISITA DI ZUPPI QUANDO SI PARLA TANTO DI ZAPPA QUINDICI ANNI DOPO CHE L’ORECCHIO DEL CARDINALE CONFALONIERI SI E’ SCIOLTO IN PIAZZA GARIBALDI

3 NOVEMBRE 2024 – Se una papera ci potevamo aspettare da Gianfranco Di Piero nella presentazione del dibattito di ieri al teatro sarebbe stata quella di chiamare Zappi il cardinale che veniva a parlare di giustizia, di perdono, di pace. E’ così immanente il nome di Zappa nelle ultime vicende del Comune , è così forte il desiderio di Gianfracchia Di Piero di non intingersi nella questione di Roncisvalle, che con un nome così contiguo era molto più insidiosa quella assonanza rispetto all’investitura cardinalizia di Mieli. Sì, ci può stare che due qualifiche si confondano; ma temiamo che l’imperativo con il quale Di Piero si sveglia la mattina sia quello di non farsi uscire di bocca “Zappa” (perché ci debbono “pensare gli uffici” a quell’affare di Roncisvalle; perchè l’informazione di garanzia non riguarda profili professionali del Comune, etc.). E, invece, eccola lì la trappola, in un pomeriggio nel quale si dovrebbe parlare di pace: nel quale l’antitesi della pace, cioè la battaglia di Roncisvalle con l’agguato alle retrovie celebrato nella “Chanson de Roland”, aspetta al varco Gianfracchia, prudentissimo con il partito di maggioranza e con il suo capogruppo Mimmo Di Benedetto, occasionalmente revisore della società di Zappa; aveva appena ottenuto una pausa sull’appalto delle mense, fino al prossimo mese. Ed ecco di nuovo incombere la forza dei controsensi e, con essa, la metamorfosi della baracca che, come una crisalide, stava per diventare una formosa farfalla.

Non è stata, invece, una papera, quella del presentatore della serata, Angelo De Nicola, che ha parlato del cardinale Confalonieri, vescovo e benefattore dell’Aquila durante la seconda guerra mondiale e per questo omaggiato di una cosa da niente: la sua maschera funebre è stata allestita sulle spoglie di Celestino V. Un’appropriazione di rara blasfemia che avrebbe mortificato il più sfegatato aquilano e, invece, a De Nicola è servita a proclamare quanto siano buoni gli aquilani che hanno subito il grave torto di ritrovarsi, sulle esili spoglie di Celestino, un calco in argento che assomiglia proprio a Pietro da Morrone invece che al cardinale Confalonieri, come ci eravamo abituati a vedere. Era successo, ha detto De Nicola, che, durante l’esposizione in Piazza Garibaldi nel focoso luglio 2010 davanti a Benedetto XVI, si fosse sciolto un orecchio di… Confalonieri (nella foto del titolo Papa Ratzinger si avvicina alla teca in Piazza Garibladi). Dovendo rimettere mano alla maschera funebre, anche gli aquilani hanno dovuto riconoscere che forse era meglio collocarci un calco che, immagini storiche alla mano, riprendesse l’eremita del Morrone, smagrito da digiuni feroci e da solitari pensieri che lo portarono a compiere la rinuncia. Ma, trattandosi di papi e santi, non ti vuoi chiedere se qualcuno nel luglio 2010 avesse mandato le lingue di fuoco dal cielo a disinnescare gli effetti della bufala protratta dal secondo dopo-guerra?   E’ vero che a L’Aquila si ragiona sempre secondo l’adagio “chi mi battezza m’è compare”; ma almeno l’identikit di Celestino lo vogliamo conservare?

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