SUPERANO TUTTE I CENTO ANNI E OCCORRE PRESERVARLE PER DECRETO COME I CIPRESSI DI CARDUCCI
27 DICEMBRE 2015 – Le strade toscane contornate di cipressi vengono protette in ogni modo perché affascinano inglesi e americani che vi identificano la quintessenza del vivere bene nell’ambiente naturale.
Le strade abruzzesi non hanno caratteristiche inferiori, quanto a suggestività: alcune sono assistite da file di alberi secolari, di maggior pregio di cipressi e pini. Il loro tracciato è segnato ai margini da poderose querce in perfetta salute, che nessuna bufera abbatterà mai. Nell’Ottocento era diffusa l’abitudine di piantare alberi che vivessero fino alla quarta o quinta generazione delle famiglie proprietarie di terreni. Talvolta si seminavano addirittura, per ripetere quella affascinante avventura di una ghianda che ha tutti i requisiti per diventare albero immenso, secondo quanto si legge nel Vangelo; in molte altre occasioni si facevano investimenti per il benessere posticipato, per dare legname di valore alla costruzione di botti ciclopiche (quando la viticoltura peligna non temeva la concorrenza delle uve del chietino e tanto meno del teramano) oppure legna a sazietà nei camini delle generazioni future e intanto sopravvivere con i frutti che anche le querce sapevano dare agli allevamenti.
Così, in una vallata che non era povera, sono rimasti esempi di alberi ormai tutti oltre i cento anni di vita e qualcuno vicino ai duecento, come quello nella frazione San Rufino, vicino alla stazione centrale.
La galleria di querce che proponiamo oggi si nota di più in questi mesi di tardo autunno e inizio inverno, anche lungo la Strada statale 17 e nei pressi dello svincolo autostradale (nella foto in alto l’imponente esemplare nei pressi del primo bivio per Pratola venendo da Santa Brigida). Potrebbero costituire un filare di alto richiamo ambientalistico, perché hanno raggiunto la maturazione che le rende invincibili agli agenti atmosferici e immagine stessa della vigoria: da Santa Brigida a Roccasale è un continuo di foglie dal colore del legno. Peraltro, le piante sono infestate di vari arbusti che non possono soffocarle, ma le coprono quasi tutte ad altezza d’uomo, tanto da farle confondere con una selva di piante infestanti.
Per giunta, quel tratto di strada (nella seconda foto la discesa nei pressi dell’Istituto per l’Agricoltura) fa parte dei progetti dell’Anas di sbancare tutto per contenere il crescente traffico nelle vicinanze dell’innesto autostradale. In visita al Comune di Sulmona nel 2010, il direttore dell’Anas d’Abruzzo annunciò che si opererà come si è già fatto per un altro tratto della SS17, sull’Altopiano di Navelli, costruendo complanari per rendere il traffico più sicuro. Abbiamo già scritto che è la conseguenza delle dissennate scelte di Pratola Peligna per impedire l’innesto dell’autostrada con la superstrada a quattro corsie a Santa Brigida, come era previsto nel progetto iniziale dell’uscita in Valle Peligna (per un panorama di tutta l’assurda vicenda amministrativa degli anni Settanta, rimandiamo agli articoli nella sezione TRASPORTI di questo sito).
Ci troviamo con un imbuto che costringe il traffico di Tir in una fettuccia di strada larga sì e no cinque metri. E intanto a rimetterci saranno anche queste regali schiere di querce misconosciute. Non hanno nel loro curriculum una presentazione altisonante come quella di Giosuè Carducci per i cipressi “che a Bolgheri van da San Guido in duplice filar” e non possono andare in corsa, “giganti giovanetti”, verso nessun grande letterato perché pretendere che abbiano conosciuto Ovidio significa essere ingenerosi (e poi in Val Peligna sindaci e assessori lasciano mettere l’aglio sulla testa del Poeta, figuriamoci se possono abbinarlo ad una pianta tanto nobile e da molti cantata per le doti di possanza che ne faceva materiale per navi di esploratori, eserciti e colonizzatori).
Ora, però, queste file di querce vanno preservate e, già da subito, liberate degli arbusti che le offendono. Assisteremo a conflitti di competenza sull’ente che deve provvedere; e magari il tribunale, chiamato a dirimere una lite in tale senso, dirà che non è di sua giurisdizione, come ha fatto con l’aglio sulla testa di Ovidio. Ma un qualche comitato, anche quello che sostiene giustamente la battaglia per impedire il metanodotto a la centrale di pompaggio, potrebbe sposare questa battaglia difficile, eppure essenziale per l’estetica di un territorio a ridosso dello scempio dell’area del nucleo industriale devastata da industrie già decotte prima di insediarsi (come la “Borsini” degli organi musicali) o addirittura iscritte al novero delle fabbriche che neanche in Africa volevano (nella foto del titolo la quercia maestosa poco prima del bivio per Pratola Peligna).