SVENTOLA UNA SPECIE DI SEPARAZIONE DEI POTERI IN COMUNE MA NON SI ACCORGE DI ESSERE SOSTENUTO DA DI BENEDETTO CHE E’ REVISORE NELLA SOCIETA’ DI ZAPPA E SOCIO DI STUDIO DELL’AMMINISTRATORE DELLA DITTA CHE SERVE LE MENSE SCOLASTICHE
26 OTTOBRE 2024 – Nuova puntata della rubrica “Ad occhi chiusi” su temi per i quali è meglio cecarsi che cercare una logica.
Sostiene l’assessore arch. Sergio Berardi che l’amministrazione comunale non poteva intervenire sulla costruzione di Via del Tratturo (palazzo al posto di una baracca, cioè un bunker in cemento armato in un’area destinata a parco nel Piano regolatore) perché questo presuppone “connessioni tra i poteri che sono, credo, estranei ad una dialettica democratica e che volgono, come altrove spesso accade, verso condizioni di autocrazia”. A Palazzo San Francesco cambiano persone, ma le teste rimangono quelle. Quando “Fabbricacultura” diresse le operazioni di collocazione di un serto di aglio sulla testa del monumento a Ovidio in Piazza XX Settembre, non solo il sindaco non disse niente, ma addirittura il Comune era presente con un paio di vigili urbani che guardavano, ma non intervenivano. Diamine: usare la statua del Ferrari come supporto alla campagna dell’aglio orchestrata da Fabio Spinosa Pingue per vendere più bulbi nei suoi supermercati (dopo che aveva tentato con il nome di Solimo, ma gli era andata buca) significava, secondo la logica dell’attuale assessore, rivendicare una libertà che nessuna “autocrazia” poteva impedire. Sindaco e assessori ci stanno per fare i consigli comunali: al resto pensano i funzionari. Poi, se questi non capiscono un’acca di estetica, di leggi, di miti greci e latini, i capi dell’amministrazione non debbono impicciarsi: ognuno deve andare per la sua via. Anzi, gli assessori e il sindaco debbono stare in un binario morto a guardare il traffico che si svolge sull’Alta velocità. Per il caso del palazzo costruito dagli Zappa la cosa è un po’ più grave, perché non si tratta di un serto d’aglio, ma di migliaia di metri cubi in cemento armato e, se l’aglio è durato lo spazio di un mattino, il palazzaccio durerà almeno fino alla fine del processo penale. Pensare che il sindaco si renda conto dello sfondone preso dagli “uffici” e ordini la demolizione significherà certamente prospettare “connessioni tra i poteri che sono, credo, estranei ad una dialettica democratica e che volgono, come altrove spesso accade, verso condizioni di autocrazia“.
Ma poi, che autocrazia può paventare Berardi? Se lo immagina Di Piero che fa l’…autocrate, se non ha neppure la patente per guidare…l’auto?
Non sono questi i rischi a Sulmona. I rischi sono altri e Berardi li dovrebbe conoscere, visto che a sostenerlo è un PD al cui vertice in Consiglio comunale sta Mimmo Di Benedetto, il revisore di conti della società che costruisce il palazzone di Roncisvalle. Non vede un po’ di autocrazia in questo dilagare di presenze? in questa sommatoria di ruoli in una persona? Per caso ha dimenticato che dello studio commercialistico di Mimmo Di Benedetto è amministratore unico il componente di una società che partecipava all’appalto per le mense scolastiche indetto con un bando farlocco e che la società che poi si è aggiudicato l’appalto con bando riveduto e corretto ha trovato tutte le porte chiuse per costituire un punto cottura in Valle Peligna alla fine vedendosi revocare l’appalto?
Ma quali autocrazie teme Sergio Berardi? Solo quelle che non lo sostengono?