LA TESTIMONIANZA DI UNA CITTA’ CHE PUO’ ESSERE DI MONITO AI POTENTI
2 OTTOBRE 2016 – Viene inaugurata stamane, accanto all’abside della cattedrale di San Panfilo, la statua dedicata a Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, che il 4 luglio 2010 celebrò messa a Sulmona; prima di lui solo un altro papa era stato in città: Celestino V, quando dall’Eremo del Morrone si avviò a Collemaggio per essere incoronato e restare sul soglio pontificio dalla fine di agosto al 13 dicembre 1294.
Centoquarantasei anni fa i bersaglieri entrarono a Roma, per fortuna senza gli stupri e le torture riservate al Sud d’Italia; oggi a fatica un papa conquista un lembo di territorio della città di Sulmona.
Sono esplose tante polemiche sulla erezione di una statua a Joseph Ratzinger accanto alla cattedrale che si può dubitare sinceramente anche soltanto della capacità di una parte di Sulmonesi di trovare energia e risorse dalla Storia. Un papa (nella foto durante la cerimonia in Piazza Garibaldi nel 2010) che è venuto dopo ottocento anni a celebrare messa dove la celebrò Celestino V meriterebbe non una statua, ma una chiesa, due piazze e un ospedale. Un papa che è venuto a compiere il suo interiore percorso spirituale per arrivare alla decisione di ripetere il gesto clamoroso di lasciare la guida della Chiesa (replicato poche volte in questi ottocento anni) meriterebbe che una lapide ricordasse il suo tormento e il suo coraggio di abbandonare la curia romana corrotta e lasciarla ai suoi intrighi per volare un po’ più in alto. Invece, le cronache di questi giorni parlano di un intervento per impedire che ad una persona, siccome ancora in vita, si dedichi una testimonianza così rilevante, così percepibile da tutti. Per più di cinquant’anni nessuno ha parlato del gesto blasfemo che a L’Aquila ha applicato la faccia di un cardinale sul feretro di Celestino V, fino a quando qualcuno non si è ricordato che il papa della rinuncia non assomigliava neanche lontanamente a quel Confalonieri, tondo e pasciuto come non era l’anziano pontefice.
Sulmona potrebbe essere il luogo dei moniti della spiritualità: potrebbe mettere nel suo curriculum il richiamo al rigore della fede e vantarsi di essere stata la tappa di riflessioni di grandi uomini di Chiesa, di un frate energico del XIII secolo e di un teologo raffinato e colto del XXI secolo. L’uno e l’altro sono pervenuti alla conclusione logica e religiosa che non si può essere papi in quella curia e invece si può essere autori di un messaggio eterno per coloro che non sono nulla, ma vogliono seguire l’esempio di tanti altri uomini e donne di Chiesa, dimenticati dalla Storia e pronti tuttavia ad ascoltare il sussurro di Celestino V e quell’ultimo discorso da Papa effettivo di Benedetto XVI.
Bisognerebbe mettere un apparato stereo accanto alla statua a Joseph Ratzinger per consentire a tutti i visitatori di ascoltare quanti riferimenti alla autentica fede egli ha fatto nella sua omelia sulmonese; e sperare che, almeno per vedere se la statua gli rassomiglia, il Papa della nuova, grande rinuncia da Sulmona, torni a dire messa anche solo in una piccola cappella della cattedrale e magari in incognito, come fanno ogni giorno migliaia di sacerdoti negli angoli del mondo.