BASTA LEGGERE “REPUBBLICA” PER SCOPRIRE UNA CASINI IN PRIMA LINEA MENTRE STAVA IN FERIE E TUTTO UNO STATO CHE FUNZIONA COME UN OROLOGIO
22 SETTEMBRE 2017 – Non compravamo il quotidiano “Repubblica” dall’anno della fondazione:
avevamo atteso con ansia, nel gennaio 1976, l’uscita del primo numero, che come ogni cosa e libro e giornale di sinistra era portato in palmo di mano in tutti gli angoli dell’università “La Sapienza” e “chi non ci credeva era un pirata”. Grossa delusione il formato, che come tutte le cose della sinistra era radical-chic; peggior delusione gli articoli, di una pesantezza biblica. Qualche occhiata la seguitammo a dare nei mesi successivi, ma quando a settembre il giornale titolò a tutta prima pagina “E’ morto il grande Mao”, capimmo definitivamente che non era fatto per la nostra ricerca di verità e di documentazione. “Grande” Mao ? Dittatore sanguinario e non solo perché comunista; impostore della “rivoluzione culturale”, stupratore di bambine nonostante sapesse di essere malato di sifilide e di contagiarle (e tutte le vergin cucce del PCI, che strologavano sui diritti violati e ogni volta gridavano “aita, aita”, hanno sempre taciuto questo inedito aspetto del “grande” Mao Ze Dong, come viene chiamato adesso per consentire, a chi ha osannato quel criminale, che in effetti Mao Tse Tung era spregevole, ma Mao Ze Dong è un’altra cosa…).
Abbiamo ricomprato Repubblica da qualche mese perché era l’unico modo di avere subito L’Espresso, la domenica mattina, fresco di stampa; e all’Espresso non abbiamo mai rinunciato, perché è di una sinistra intelligente e perché ha tante altre cose insieme che qui non mette conto di spiegare. Repubblica è peggiorato rispetto al 1976 perché ha perso anche la dote della sintesi e, come il “Corriere” è fatto di una ottantina di pagine.
Stamane ci è stata segnalata ancora “Repubblica” perché contiene un inserto di ben otto pagine sugli incendi in Italia nell’estate torrida 2017, ma che per l’80% è dedicato all’incendio del Morrone. “Prendiamolo” ci siamo detti, sempre pronti, al contrario di quelli che non compravano “Il Tempo” solo perché diretto da Renato Angiolillo, a rivedere le nostre posizioni. “Ci saranno notizie, a distanza di un mese dall’incendio, che noi giornalisti di provincia non abbiamo percepito pur se ci passavano sotto il muso” ci ripetevamo mentre sfogliavamo il pacco di carta che avvolgeva l’inserto centrale.
E in effetti, perbacco, notizie ci sono e del tutto sorprendenti. Sapevate, per esempio, che il Morrone è la montagna di Celestino V ? E che Pacentro è il paese degli avi di Madonna ? Ma, vabbè, un po’ di colore un inviato speciale sempre lo mette.
La squisitezza è sapere che lunedì 21 agosto Anna Maria Casini stava a Sulmona e in prima linea contro l’incendio. Lunedì ? Eravamo stati alle Marane ed abbiamo ripreso la gente che scappava, il fumo che avanzava e le fiamme che terrorizzavano gli abitanti delle Marane. Ma la sindaca non c’era.
Ma ti pare che un giornale radical chic si fa prendere con il sorcio in bocca a dire una cosa non vera? “Ci saremo sbagliati noi, non l’abbiamo notata”. Ma allora perché ad accogliere D’Alfonso lunedì 21 agosto c’era la vice-sindaca Mariella Iommi ? Escluso che la Casini stesse nel bosco a piazzare gli “innesti” come li chiama lei in diretta tv nazionale, da qualche parte doveva stare. E, se stava a Sulmona, non aveva avvertito la Iommi, oppure le avrà detto “Va’ avanti tu, chè a me viene da ridere”. A questo punto, la chicca della Repubblica sembrava risolversi in una bufala. Ma c’è una impennata a renderla di nuovo vera e a farci fare atto di contrizione: “Mi sono sentita perduta e con pochi mezzi a disposizione” dice Anna Maria Casini e l’inviato scrive, sempre riferito a quel lunedì 21 agosto e aggiunge: “Mentre mi preparavo per l’intervista”; ecco dov’era, si preparava per l’intervista. E la Iommi che la credeva assente tanto da fare le sue veci, anche con il governatore D’Alfonso… Certe volte la vita: uno pensa che il sindaco è lontano, in vacanza, e invece è dietro l’angolo, a fare l’intervista con Sky: “Così sono andata dal giornalista e ho detto che me la toglievo quella fascia tricolore se non ci avessero mandato più uomini e mezzi”. E le dà man forte l’inviato speciale: “Quando il fuoco è sull’uscio, vale tutto, Annamaria Casini ha minacciato le dimissioni simboliche da sindaco di Sulmona. Ha ottenuto quattro Canadair, un elicottero speciale, due Agusta più piccoli, una sessantina di alpini”.
Dunque, i Canadair la sera di domenica ce li siamo sognati; e ci siamo sognati pure quelli di lunedì, perché, fino a quando Casini non ha minacciato le “dimissioni simboliche”, sembra che non siano arrivati. Anzi al Viminale pare abbiano detto: “Mandiamo dei Canadair, sennò ci perdiamo Casini come sindaco”.
Poi, per esempio, sappiamo da Repubblica che a due chilometri dalle Marane passa la SS 17. Che c’entra con l’incendio? Bah, niente, è che Guccini le ha dedicato una canzone e la descrive “torrida”. Ah, dunque, deve essere partito da lì l’incendio, dalla “torrida” SS17. Strano, gli abitanti delle Marane il fuoco se lo sono visto a due passi da casa, ma veniva dal Morrone; la SS 17 non dava problemi, per quanto torrida; ma in quella confusione, mentre Casini dava interviste a Sky e Iommi intratteneva D’Alfonso usurpando il ruolo di sindaco, è facile che qualche fiamma sia arrivata dalla SS 17. Ma questo speciale intitolato “Storie al rallentatore” è un pozzo di notizie: per esempio che talvolta gli incendi sono stati provocati perché subito dopo, dalle ceneri, spuntano asparagi tenerissimi e si vendono ai margini delle strade; infatti la SS 17 in questi giorni è piena di bancarelle, fino a Roccaraso, per smaltire gli asparagi del dopo-incendio.
Insomma, Repubblica è sempre all’altezza, anche dopo 40 anni, come la commedia di Peppino de Filippo “Quaranta, ma non li dimostra”. E soprattutto, invece di otto pagine, sarebbe bastato abbinare all’incendio il titolo di questi inserti: “Le storie al rallentatore”. Quello sarebbe stato un colpo giornalistico e un servizio insuperabile: descrivere come si è mosso lo Stato in questa calamità, cioè al rallentatore; quello che ha fatto Annamaria Casini, al rallentatore, tornando dalle ferie quando aveva voglia e non quando cominciava a manifestarsi l’incendio; quello che non hanno fatto Carabinieri e Polizia, sonnecchiando sul controllo del territorio quando bisognava impedire che venissero posizionati sempre nuovi inneschi. Tutto il resto è una passerella che sa tanto di ricucitura di strappi, troppo vistosi nella macchina della pubblica amministrazione per essere perdonati…