SE IL NUOVO SINDACO SARA’ IL SINDACO DI SULMONA…

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UNA STRATEGIA PER SOLLEVARE LA FRONTE

18 FEBBRAIO 2016 – Se il prossimo sindaco non sarà ideologicizzato (non è più il tempo), almeno dovrà compiere delle scelte di fondo che sono mancate al sindaco uscente.

Sulmona non ha saputo dire la sua sulle questioni fondamentali dei collegamenti viari e ferroviari: troppa è stata la paura di disturbare il presidente della giunta regionale, D’Alfonso, sui programmi di deviazione delle rotte di passeggeri tra Pescara e L’Aquila e del traffico di merci tra la Campania e l’Adriatico (Fondo Valle Sangro). Non un sospiro si è levato da Palazzo San Francesco; almeno non con la dovuta energia; non una riunione o, come sempre più spesso si dice con espressione abusata e vacua, un “tavolo” è stato indetto per parlare del declino di Sulmona programmato da Luciano D’Alfonso quasi come una strategia di vendetta. Le dimissioni dei consiglieri, rassegnate contro il sindaco, che con troppa accondiscendenza ha lasciato fare D’Alfonso solo per il timore di non restare nelle sue simpatie, sono un ottimo segnale per il futuro che attende personaggi simili se si vorranno candidare alla prima poltrona per rappresentare la città.

Ma non va trascurato che proprio Giuseppe Ranalli è stato mandato a Palazzo San Francesco dopo le “primarie”. E a compensare in negativo la scelta di dimissioni massicce dei consiglieri comunali sta il sostegno che sorprendentemente Sulmona ha assicurato a persone come Paola Pelino e Giovanni Legnini, artefici della legge che ha soppresso il tribunale e che non lo farà resuscitare: è stata l’espressione di quanto male possano fare le designazioni dei partiti e di come peggio farà la soppressione del Senato, ma sta di fatto che i Sulmonesi hanno votato per le forze politiche che hanno privato la città di una struttura essenziale, al confronto della quale il punto-nascite o i call center dei quali tanto si teme la soppressione pur con lo sfruttamento intensivo delle forza lavorative giovanili, non sono altro che briciole.

Nell’abbaglio di considerare suoi amici Maurizio Scelli e Paola Pelino era caduto anche il sindaco Fabio Federico contro il quale l’una e l’altro hanno tramato per il solito vizio sulmonese della invidia che cerca finanche di sopprimere l’alleato: pessimo precedente per una “destra” (o proclamantesi tale) oggi desolatamente incapace di fare anche una strategia per riprendersi Palazzo San Francesco, dopo lo sconsiderato salto della quaglia di Enea Di Ianni che da “Fratelli d’Italia” era stato presentato all’elettorato del 2013 come l’uomo giusto (e che in effetti era stato vice-sindaco di Fabio Federico senza che questi ne sapesse intuire i trasformismi; altra lacuna incorreggibile del pur vulcanico Federico è quella di scegliersi non solo vice-sindaci, ma anche consiglieri che hanno il dono di essere antipatici al 98% dell’elettorato e di presentarsi come saccenti conoscitori della politica tranne poi a raschiare cento voti a mala pena). Ma, almeno, Fabio Federico il suo “no” deciso al cementificio e alla centrale Snam ha saputo dirlo; probabilmente avrebbe lanciato una battaglia decorosa contro la deviazione della autostrada A25 da Bussi a Collarmele con doppio salto mortale della Valle Peligna, perché se non altro sul tema del casello autostradale di Pratola-Sulmona si è battuto senza timore reverenziale dei capricci di Pratola, sostenuti con la violenza dei trattori negli anni Settanta per impedire la esecuzione di un deliberato regionale e reiterati con le infantili pretese di sfruttare il flusso del casello per un centro commerciale lillipuziano.

Giuseppe Ranalli ha avuto timore anche di manifestare attraverso una campagna di stampa e di interviste significative la risposta decisa e irrevocabile di Sulmona al nuovo medioevo nel quale intende gettarla Luciano D’Alfonso per una forsennata strategia di opere pubbliche programmate e realizzate solo per giustificare la manodopera occupata. Nessuno ha saputo dire al “governatore” che questa visione del dopoguerra (e della Democrazia Cristiana) ha portato ad accumulare debito pubblico che, insieme alle inutili assunzioni alle Poste, ha soltanto scaricato sulle generazioni successive il problema del deficit. Ma intanto, proprio per l’incapacità a mostrare i denti contro chi governa ancora così, si sta progettando un nuovo polo industriale inutile a Bussi e si impone una centrale Snam a Sulmona che deve farne a meno se non altro perché può aspirare a diventare capitale dei parchi nazionali d’Abruzzo (da quello storico di Pescasseroli a quello dei Monti della Laga, a quello della Majella, presieduto da un auto-proclamato combattente per la città di Sulmona, Franco Iezzi, che si è opposto finora all’idea di unificazione dei Parchi dell’ex presidente Rossi). Anche su questo, nei suoi due anni e mezzo nulla ha detto il sindaco di Sulmona, soggiogato dalla esigenza di non minare gli equilibri di D’Alfonso anche in questa materia.

Se il prossimo sindaco di Sulmona non sarà ideologicizzato, almeno dovrà dare un segnale sul suo modo di intendere il collegamento della città a Pescara, senza fingere di ignorare (come ha fatto Giuseppe Ranalli) la costituzione di un comitato spontaneo per transitare alla provincia di Pescara: un passaggio da intendere come programma politico, più che come valorizzazione del ruolo della provincia, che comunque continua ad esistere e a fare danni se non orientata in modo funzionale rispetto alle esigenze del territorio. In sostanza, da un nuovo sindaco (che oramai non dovrà più dar retta alle dinamiche di partito) sarebbe logico aspettarsi una risposta pronta ad un assessore pescarese (come Paola Marchegiani) che propone di elevare Sulmona a capitale della cultura: un sindaco che per concedere il teatro comunale ad una manifestazione di questo livello non debba essere sollecitato da centinaia di cartoline con l’immagine del “Vaschione”. Insomma un sindaco che dia una spinta alle iniziative per la sopravvivenza della città e non le sopprima una alla volta solo perché disturbano l’opera di demolizione di Luciano D’Alfonso. E’ certo una immagine minimale di sindaco; ma almeno si ricominciasse da questo profilo…

Nella foto del titolo: Santa Chiara con lo sfondo di Monte Savente innevato di fresco

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