STRAPPO SULL’AUTOBUS CHE SFUGGE AL PROTOCOLLO DI KYOTO

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UNA MATTINA DI ORDINARIA FOLLIA SUI MEZZI PUBBLICI

18 AGOSTO 2015 – L’ambientazione è da ultimi giorni dell’umanità.

Una persona sottoposta a una terapia sanitaria, quindi in condizione di richiedere assidua collaborazione, deve vedersela nei trabocchetti dei servizi pubblici.

Le cose sono andate così, come ci sono state raccontate. C’è ancora qualcuno che prende gli autobus: uno è il nostro informatore, che sarebbe andato volentieri in centro con il bus appena uscito dall’ospedale ieri mattina: ma è stato respinto al primo assalto, perché i biglietti non si fanno più sulla “corriera” dei beni tempi dell’impresa Caroselli; e non si fanno più neanche alla macchinetta alla fermata. Occorre andare al bar. Di ritorno, il Nostro trova che qualcosa è cambiato: ci sono tre autobus in fila, sale sul primo, che non ha indicazioni di percorso, come non ne hanno gli altri due. Fa in tempo a dire che vorrebbe andare al centro che l’autista gli risponde: “Quello buono sta partendo adesso; anzi è già partito”.

Pazienza,  il primo della fila lambirà solo Porta Napoli, poi si tratterà di fare a piedi il resto, tanto è una buona giornata e non fa ancora caldo. L’utente cerca la macchina obliteratrice, ma viene richiamato alla realtà quando porge il biglietto. Il risoluto autista lo strappa in due e non se ne parla più; chi oblitera cosa ? E soprattutto: chi proverà a farsi obliterare, in un altro viaggio, un lembo di biglietto?

Si tratta di mettere in moto. E non sarà una cosa facile: il motorino di avviamento funziona, il carburatore un po’ meno, a giudicare dalla nuvola di fumo nero che lo scappamento emette contro ogni convenzione di Kyoto. Delusione e rabbia dell’autista, perché pure il personale che dovrebbe intervenire per la manutenzione è in ferie; si arrabatta, comincia a interfacciarsi (così direbbero i rampanti dell’elettronica pure quando non c’è l’elettronica) con il mezzo, che recalcitra più di un mulo all’altopiano di Asiago cent’anni fa. Si sfianca a pompare; avrebbe fatto meno fatica con una manovella. Il Nostro, reduce da una terapia, chiede se bisogna scendere e spingere, ma non riceve risposta, con il biglietto sono stati obliterati anche i suoi diritti, anzi strappati. Ma si parte, il servizio agguanta il risultato, senza nulla pretendere per il brivido aggiuntivo, che è pur sempre un’emozione e al cinema bisognerebbe pagarla.

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