IN MACCHINA IL PROSSIMO NUMERO DEL VASCHIONE
28 NOVEMBRE 2024 – E’ nelle macchine della tipografia il numero del Vaschione che uscirà nella prossima settimana, ancora sotto il magico influsso delle opere di Ovidio. Rapirono Dochia, la principessa dei Daci, acerrimi nemici di Traiano un secolo dopo che Ovidio chiuse i suoi occhi sul mondo e scrisse, negli ultimi versi delle “Metamorfosi”, che la morte avrebbe potuto avere la meglio sul suo corpo, giammai sul suo spirito. Anche su questo aspetto affascinante dell’uomo, che dirà di sè che sarebbe diventato il vanto della gente peligna, “Il Vaschione” insiste, mettendo a confronto le traduzioni di quei versi: quella di Sermonti, da un lato, e quella di Bernardini Mazzolla, dall’altro lato. Quasi una ricerca filologica, per chi avesse gli strumenti di coltivarla. Il nostro è solo un abbrivio, ma è bello mettere faccia a faccia i modi di interpretare il poema del Sulmonese.
Parliamo anche di cose spicciole: ancora di Gianfranco Di Pietro, che non ha avuto neanche il coraggio di nominare il mafioso, cacciato dalla biblioteca diocesana non per il sindaco, nè per il vescovo, ma per una decisione della Corte di Cassazione. E neanche queste sono cose spicciole, a ben guardare. Di cose di stringente attualità, come di una violenza nel parco, che non è a danno di una donna, questa volta, ma di una città. E il parco è quello di Santa Maria di Roncisvalle, del quale continueremo a parlare fino a quando non sarà demolito l’ecomostro in corso di costruzione. E ne parliamo dopo aver accennato all’ipotesi che gran parte delle baracche in Valle Peligna diventino palazzi, se sarà seguito l’esempio dell’impresa di Roncisvalle.
Rispolveriamo la vicenda triste, ma bella di Maria Teresa Gentile, bambina che per l’eccessivo rigore di un accalappiacani perse la vita nel 1977: la mettiamo a confronto dell’eccessivo rigore, roba da gabellieri, sulla vicenda del pasto negato ad un bambino figlio di… morosi (che morosi non sapevano di essere). Non vogliamo fare un giornale strappalacrime, ma vogliamo veder chiaro su quello che succede a Sulmona e su come si muovono gli amministratori. In verità ce la prendiamo anche con il Prefetto, che doveva essere informato e doveva informare proprio sulla questione del braccio destro di Matteo Messina Denaro mandato a zonzo nella biblioteca diocesana senza neanche essersi pentito. Riprendiamo, a proposito, una nota battuta di Forattini negli anni Ottanta: “Nessuno è prefetto”. E a chi ci dice che siamo troppo polemici rispondiamo con la scritta “Cum feris fero” sul Palazzo Del Bufalo a Roma. Correre in edicola per sapere la traduzione e il contesto che sbandieriamo.
La tipografia va a tutta birra: può darsi che i fogli arrivino in edicola anche prima del 5 dicembre.