13 APRILE 2012 – Saranno effettuate nei prossimi giorni visite guidate al campo di prigionia di Fonte d’Amore, dove fino all’8 settembre 1943 furono reclusi ufficiali delle Forze Alleate anti-tedesche. Alla firma dell’armistizio, i cancelli si aprirono per quei soldati, che
raggiunsero la frontiera amica attraversando la Majella.
A Londra era considerato “in” vedersi al club del “Campo 78”, come i reduci avevano chiamato il gruppo di amici legati dall’esperienza della prigionia a Sulmona, alle falde del Morrone, affascinati più dai residui di altri prigionieri (quelli austriaci del primo conflitto mondiale) che dalla vicinanza all’eremo di Celestino V (che non era di fede anglicana…). Così’, di anno in anno, si vedevano per ricordare le rocambolesche fughe da Fonte d’Amore all’indomani dell’8 settembre 1943: ognuno per la propria strada, con l’obiettivo di raggiungere il Guado di Coccia sopra Campo di Giove, ma ognuno con le proprie risorse di astuzia, di spirito di sopravvivenza, di fortuna soprattutto. Ad aspettarli al di là del filo spinato non c’erano solo le armi dei tedeschi, ma anche lo spirito di accoglienza e di fratellanza dei sulmonesi, dei pettoranesi, dei pacentrani, di tutti quelli che si trovavano sulla strada per raggiungere le linee degli Alleati.
Fu commovente per il sindaco di Sulmona Antonio Trotta, nel 1977, trovarsi al club degli amici a Londra per ricevere il ringraziamento di coloro che dopo il filo spinato erano sopravvissuti; riscuotere l’ammirazione degli Inglesi per i molti esempi di piccoli e grandi eroismi delle famiglie peligne. Gli incontri a Londra erano stati inaugurati qualche anno prima, proprio per volere dei reduci inglesi. Ora sono pochi quelli che vivono ancora: anche Trotta è scomparso e il trascorrere del tempo ha dato il definitivo “rompete le righe” degli ufficiali degli Alleati. Nessuna cartolina più dalla torre dell’orologio, nessun biglietto dalla campagna scozzese per le famiglie che, a rischio della vita, nascosero chi scappava. Ora che anche quelle giornate vanno sfumando, c’è chi può entrare nel recinto del “Campo 78” come ci si accosta ad un monumento. Magari senza dimenticare che quelle ore furono drammatiche anche per chi stava dall’altra parte, per i soldati che credevano di combattere per una ragione non inferiore, come George Ratzinger, anche lui tornato dopo che aveva visto il filo spinato dall’altra parte. Senza questa tessera del mosaico non si potrebbe fare la Storia, ma soltanto la cronaca.