PROTESTA PER L’ASSEGNAZIONE AL DIRETTORE DEL TEMPO CHE HA CHIUSO L’EDIZIONE ABRUZZESE
I OTTOBRE 2015 – L’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo e il sindacato hanno contestato l’assegnazione del premio di giornalismo, collegato al “Premio Sulmona”, al direttore de “Il Tempo”, Gian Marco Chiocci. La testata ha chiuso qualche mese fa l’edizione abruzzese, ponendo così fine a “sessanta anni di storia”. Viene espressa stima al giornalista, ma si rimarca che per una decisione così molti giornalisti hanno pagato di persona con la perdita del posto di lavoro. Sia l’uno che l’altro organismo chiedono che non venga consegnato il premio, con la targa della Regione Abruzzo, come da programma fissato dal “Quadrivio” (che organizza la manifestazione) sabato al convento di Santa Chiara.
Non è che Gian Marco Chiocci si perde il “Premio Pulitzer” se gli strappano questo riconoscimento. Basta dare un’occhiata alla galleria di chi lo ha preceduto per capire che altri sono i dispiaceri che possono assalire un giornalista. Solo che, visto che di giornalismo parliamo, sarebbe opportuno che si informasse compiutamente il lettore.
Innanzitutto, la decisione di chiudere l’edizione abruzzese del Tempo non è stata di Chiocci; è una strategia editoriale e Chiocci non è l’editore del “Tempo”. In secondo luogo, Chiocci non è direttore del “Tempo” se non da due anni e la crisi di questo giornale in Abruzzo risaliva ad almeno trenta anni fa, quando uscì “Il Centro” e trovò seduti in panciolle decine di giornalisti, tra i quali molti professionisti, che non avevano neanche la voglia di reagire al pressante invito di Gianni Letta e Paolo Brunori, nel “polo di stampa” al raccordo anulare di Roma nel giugno 1986, per lanciare il cuore oltre l’ostacolo e reagire all’assalto di De Benedetti e del pesante gruppo dell’Espresso in cerca di conquiste in Abruzzo. Quasi tutti a recriminare le ferie non godute e i “part-time” diventati “full-time”, ma non pagati per tali. Molti di quei giornalisti (non tutti) nei dieci anni precedenti non avevano fatto altro che leccare Remo Gaspari, anticipando di molto e molto pesantemente la tipologia di giornalisti che oggi Marco Travaglio descrive nel suo “Slurp”, in libreria e al teatro.
Correvano ad offrirsi ed era raccapricciante leggere la prima pagina del “Tempo d’Abruzzo”, ormai svuotata della sana cronaca nera e della virile critica politica. Se ci fosse stato un Ordine che avesse indagato sugli articoli fatti leggere all’entourage di Gaspari prima della pubblicazione, forse “Il Tempo” sarebbe rimasto autorevole e, quindi, sarebbe stato acquistato alle edicole. Se ci fosse stato un sindacato che avesse ricordato agli iscritti che prima bisogna fare il proprio dovere e poi si può pretendere la ricompensa, non ci sarebbero state le rivendicazioni di tanti giornalisti che avevano passato il tempo a giocare alle corse dei cavalli invece di stare in redazione, oppure che ottenevano di essere pagati da professionisti quando avevano fornito prestazioni da pubblicisti. Non parliamo, poi, del modo nel quale la concorrenza si fece largo, con giornalisti che potevano stare solo di nascosto nelle redazione e dovevano scappare ogni volta che fosse arrivato un ospite.
Ora prendersela con Gian Marco Chiocci è pura demagogia e significa scegliere un bersaglio facile, perché proprio la carenza di una edizione abruzzese del suo giornale impedisce di fare una serie di inchieste per individuare come e quando un Ordine e un sindacato funzionano.
Abbiamo scritto alla capogruppo del Movimento Cinque Stelle alla Regione, Marcozzi, per sapere quali sono i fondi che la Regione destina alla stampa e alla stampetta regionale; sono passati quattro mesi e non ci ha neanche risposto. Chiedemmo la stessa cosa al sindaco di Sulmona, Fabio Federico, quattro anni fa e pure lui non dette riscontro alcuno, neanche tramite i suoi sodali politici. Evidentemente sono notizie riserrvate, quelle della casta delle testate regionali. Magari Gian Marco, se viene sabato, potrà dare una sbirciatina o dare incarico a qualcuno di farlo. Così si scopriranno tante notizie interessanti. E vediamo quale sarà il giornalismo da salvare e quello da dare ad leones.
Nella foto la redazione del Tempo di Sulmona dal 1989, quando tutte le pagine e le foto che riguardavano il centro-Abruzzo si lavoravano in Corso Ovidio.