ALDO DEL MONACO: LA GIOIA DI INTRATTENERE

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SCOMPARE UN ARTEFICE DELLA PIU’ GENUINA TENDENZA SULMONESE

28 FEBBRAIO 2016 – Si è spento oggi dopo breve malattia Aldo Del Monaco, titolare dell’esercizio di ristorazione “L’arco” in Via Manlio D’Eramo.

Molto prima della moda dei cibi e dei vini biologici, delle tendenze del mangiar lentamente, o delle fisime del bere sapendo il nome di chi avesse coltivato la vigna e spremuto gli acini, cioè prima che anche andare all’osteria si potesse ammantare del marchio del politicamente corretto, Aldo Del Monaco chiamava le verdure con il loro nome sulmonese e le minestre anche in dialetto per esaltarne le qualità meno conosciute.

Se l’affluenza nel locale glielo consentiva, si fermava a discorrere tra i tavoli: e raccontava anche da chi e a che prezzo aveva acquistato gli ingredienti della cucina, quante volte aveva detto al produttore di migliorarli con semplici espedienti, di come la sua giornata cominciasse alle cinque o alle sei e di come si concludesse mentre ancora avrebbe voluto stare in quei locali che per un sulmonese dovevano essere il massimo della suggestività: con l’ingresso dentro le mura della seconda cinta tardo medievale e con le finestre che affacciavano sulla Circonvallazione Occidentale, inondata da mezzogiorno degli odori dei sughi e degli arrosti tutti sulmonesi, con le verdure (talvolta rimpiante, talvolta ancora trovate al mercato) della “Piana peligna”, ossia di quella distesa intensiva di ortaggi e frutteti, di vigne e di grano soppiantata dai capannoni industriali oggi in disuso.

L’”Arco” si proiettava oltre il centro storico, ma senza troppe cerimonie; era una soddisfazione per lui stare a confine con l’arco vero, quello di Porta Sant’Antonio, percepire quando i turisti ricambiavano di interesse genuino le piccole e succose lezioni sul saper scegliere le cose più buone. Tutto aveva fatto nella vita con convinzione: e dai suoi viaggi con furgoni e autocarri, in lungo e in largo per l’Italia, nelle epoche nelle quali affrontava altri lavori, aveva appreso l’arte del saper proporsi; come fanno i veri osti e come fanno i veri artefici dell’intrattenimento sui sapori e le ricette.

Anche in questo ha anticipato, trent’anni fa, le impronte del locale alla moda e di tendenza; ancora, senza posare tanto e senza tante interviste nelle pagine patinate di giornali e guide turistiche, aveva dato un segno di come i locali di una città medievale dovrebbero essere. La sua fortuna è stata quella di aver amato profondamente il suo lavoro e la sua città, come in genere hanno fatto tutti i Del Monaco, quelli radicati a Sulmona, che dell’imprenditoria hanno esaltato la concretezza, scartando le ciance: dagli autisti, agli agenti di commercio, ai negozianti. Sulmonesi veraci e convinti figli di questa città: non per niente il “Dizionario storico ed etimologico sui cognomi d’Italia”, edito dalla UTET nei suoi due enormi volumi del 2008, riferisce che “Del Monaco” rappresenta “il 3° cognome per frequenza a Sulmona”.

Dovrebbe avere osterie una città di stampo medievale: ad ogni angolo. Ed invece ha pub e posti nei quali si scaldano in fretta i surgelati o si sballano le buste di verdure che nessuno saprebbe designare con il loro nome originale e nessuno saprebbe legare ai legumi e alla pasta fatta a mano per quel genere sopraffino che Aldo Fabrizi chiamava “Nonna minestra”. “Tuoni e lamp’” è un primo piatto che all’ “Arco” concede spazio ed effetti a fagioli e peperoncino. Ma proprio in queste osterie ti può capitare di incontrare l’elite del turismo: come quella volta che finimmo a parlare con il presidente emerito della Corte Costituzionale Casavola, intrattenuto  fino a pomeriggio inoltrato dalla raffinatezza dei gusti e dalla neve che fuori cadeva fitta, mentre il Premio Capograssi lo aspettava per affiliarlo agli eredi del giurista sulmonese.

Bella figura Aldo Del Monaco, di quelle che Vittorino Andreoli nel suo ultimo “La gioia di vivere” classificherebbe tra coloro che questo sentimento rappresentano e dimostrano di avere, all’esatto opposto di quelli che manifestano solo la fatica di vivere e la trasmettono a chi sta loro accanto. E non c’è dubbio che il modo di affrontare la vita di Aldo Del Monaco aiutava gli altri: non solo per le raffinatezze del gusto, quanto per quel soffio cortese che dava allo spirito.

L’immagine caricaturale di Aldo Del Monaco (che la apprezzò tanto, incorniciandola all'”Arco”) è ripresa dal secondo volume di “Piazzaventi” di Mario Maiorano, pubblicato nel 2009 e ancora reperibile all’edicola di Piazza XX Settembre e nelle migliori librerie del centro.

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