DA AMATRICE A CORNILLO LA STRADA PER DIVENTARE UOMINI

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APPUNTI DI UN CAMPO SCOUTS DI 46 ANNI FA  E DELLE FASCINAZIONI IDEOLOGICHE E SPIRITUALI

25 AGOSTO 2016  – Il percorso da Amatrice a Cornillo Nuovo era ancora bianco: ogni transito d’auto sulla strada che poi proseguiva fino al Lago di Campotosto era accompagnato da una nuvola di polvere che quasi imbiancava pure le divise nuove dei boy scouts del Reparto Sulmona I.

Paolo Di Fonzo lo aveva fatto già un paio di volte quando, all’ennesimo passaggio in autostop (non richiesto perché gli scouts non potevano, ma non rifiutato) sentì la confessione di un abitante della frazioncina a sei chilometri dall’Amatrice (come si diceva): “Io ho sempre votato un rosso pallido, un rosa in verità; ma la prossima volta sarà sicuramente nero”. Me lo riferì durante il turno che ci imponeva di andare a fare la spesa quotidiana per riempire la cambusa di cose fresche. Era il luglio 1970 e di lì a un anno le “Comunali” di Roma (giugno 1971) ratificarono lo spostamento a Destra che impensierì Andreotti al punto da orchestrare la operazione di Democrazia Nazionale e togliere seggi a Giorgio Almirante. La strada rimase bianca per un bel po’.

Un altro scenario si apriva per il mondo giovanile sulmonese in quel campo di 46 anni fa. Per la prima volta un sacerdote con il sale sulla coda accompagnava una ventina di ragazzi pieni di buona volontà e curiosi di sentire qualcosa di diverso dalle tiritere davanti al fuoco di bivacco. Padre Franco era stato scelto per dire messa e per recitare preghiere: riuscì nell’intento di suscitare qualche stimolo sociale in più. Veniva dai “Missionari Comboniani” di Via Gorizia ed aveva rimpinguato le squadriglie con ospiti del casermone costruito per merito di don Brandani; sopra di lui, prima del Cielo, c’era Padre Athos Bolognini a guidare la presenza missionaria a Sulmona. Entrambi sulla linea intransigente del Vangelo della liberazione, stavano per entrare in grave e irreversibile conflitto con il vescovo Mons. Francesco Amadio; sarebbe esploso, questo dissapore… atomico, di lì a quasi un anno, in concomitanza con lo spostamento a destra del baricentro politico nazionale. Le uova del drago della liberazione sociale, invece, si sarebbero dischiuse di lì a qualche settimana, con il campo di “Mani Tese” e le citazioni di Roul Follerau:

“E ora tocca a voi battervi gioventù del mondo; siate intransigenti sul dovere di amare. Ridete di coloro che vi parleranno di prudenza, di convenienza, che vi consiglieranno di mantenere il giusto equilibrio.

La più grande disgrazia che vi possa capitare è di non essere utili a nessuno, e che la vostra vita non serva a niente”.

L’autunno del 1970, dopo quel campeggio vicino all’Amatrice, fu un rigoglio di assemblee e riunioni politiche. Tempio di questa rinascenza sarebbe stato solo e soltanto l’edificio dei Comboniani; le chiese e le parrocchie erano molto recalcitranti. I missionari avevano presa sugli adolescenti, perché una persona in carne e ossa che sta per partire per l’Africa, senza essere sicura di tornare, è già di per sé una testimonianza. Poi bastava tendere l’orecchio per scoprire che i messaggi di questi missionari avevano un’anima e sapevano coltivare l’anima di quelli che a chiesa andavano per abitudine.

Quel grido di battaglia di Follerou dava una spinta; e dava, anche, l’impressione che ogni minuto sarebbe stato una perdita di tempo, se passato lontano dalla dedizione assoluta per il sociale. Poi arrivarono i partiti di sinistra a fare vendemmia delle esuberanti spiritualità: perfino il partito comunista che di liberazione proprio non poteva parlare, anzi…; in parte il PSIUP destinato all’estinzione che venne un po’ più tardi; molto meno di quanto poteva pretendere, ottenne il “Manifesto” che aveva pagato il conto con il PCI con un’indegna espulsione dei migliori tempi stalinisti.

Franco Masoli

Era generoso Padre Franco Masoli su quei sentieri tra le “Pantanelle” (dove erano accampati gli scouts del Reparto Sulmona I) e Cornillo e Amatrice: entrò in relazione con i villeggianti di Cornillo e non disdegnava di intonare con loro i canti del Coro Polifonico sulmonese, che non erano solo liturgici e che non venivano solo dalle cappelle di chiesa, ma erano portati dagli adolescenti che si dividevano tra Franco Potenza e gli scouts.

I pochi abitanti di Cornillo ricambiarono con brodo caldo e carne saporita appena cotta (per spezzare la monotonia delle scatolette) quando qualcuno  si ammalò dopo un repentino calo di temperatura: cadde la neve sui monti più alti e si vedeva benissimo dal campeggio semi-allagato (giusto in tempo per capire il significato onomatopeico delle “Pantanelle”). Arrivò qualche pentola fumante, il campo fu subissato di biscotti e latte in quantità, per il sollievo del capo-reparto Fernando Di Bacco, che intanto si procurava aspirina e antibiotici. Gianni Giovannetti, capo-squadriglia dei Cervi, teneva il conto delle sei ore da una somministrazione all’altra di medicine e mi svegliò alle 3, con una cura che tra gli scouts era d’ordinanza e che, per un quindicenne fuori casa, era un gesto di solidarietà da rimanere scolpito, una etica del dovere spicciola, ma da assurgere ad esempio imperituro.

Gianni Giovannetti in primo piano nel sacco a pelo

Dedizione assoluta anche quella di Maurizio Vitalini, cuciniere ostinato anche sotto le peggiori condizioni metereologiche; prime fotografie di Angelo Figorilli, che andrebbero recuperate se ancora esistono; impegnative interpretazioni degli ordini (filosofici?) di Lorenzo Pupillo, che sfuggivano anche a Fernando Di Bacco.

Qualche stagione più tardi mi sembrava di sentire le parole di Follerou in quella annotazione “Sei forte” quasi sussurratami da Padre Athos dopo che ero intervenuto in una assemblea al “Centro Servizi Culturali” (fucina e covo della rieducazione simil-cinese) per contrastare la marea di sinistra in cerca di ratifica delle scelte del movimento studentesco: intervento senza speranza e senza calcolo politico, ma che proprio dall’ottusa risposta degli organizzatori (“Alzi la mano chi non è di parte e poi venga a parlare qui, così vediamo se non è di parte…”) fece scaturire la brevissima infiorescenza degli “studenti liberi” da contrapporre alla normalizzazione comunista.

Si può dire che i fermenti dell’epoca politica di Sulmona dei primi anni Settanta si produssero in quelle “Pantanelle” e su quella strada bianca che portava all’Amatrice, dove il campo del 1970 si concluse con una spaghettata che, al contrario delle cenette descritte da Trilussa per i socialisti, era non la conclusione, ma l’avvisaglia delle scelte ideologiche.

Gianni Giovannetti caposquadriglia dei “Cervi”

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