UNO PSICHIATRA DI VAGLIA ESAMINA L’INVIDIA E PRESENTA “AMADEUS” CITANDO IL SULMONESE
2 MARZO 2017 – Dell’invidia si parla a Sulmona; che è come parlare di corde a casa dell’impiccato; o di ricchezze a casa di comunisti, quelli che abitano più ai Parioli che al Tufello, ma già ai tempi di Flaiano erano straricchi tanto che il sommo pescarese sosteneva che avrebbe voluto essere di sinistra, ma non se lo poteva permettere. C’è un rapporto irrisolto tra Sulmona e l’Invidia, le corde e gli impiccati, i soldi e i comunisti.
Comunque: è il pane quotidiano a Sulmona. E a sviscerare questo si proverà uno psichiatra di vaglia: Vittorio Sconci (nella foto del titolo), che anche a Sulmona opera perché è il direttore del Dipartimento di Salute mentale della ASL di L’Aquila-Sulmona-Avezzano (giusto l’ultima città si salva dal vizio capitale). Quindi ha del materiale immenso. L’appuntamento è per oggi alle ore 17,30 al Cinema-teatro Pacifico; a quello di Sconci seguiranno gli interventi del dott. Carlo Di Stanislao, presidente dell’Istituto Cinematografico, e della Dott.ssa Claudia Ciccarelli, psichiatra.
Bello l’ingresso di questa piccola serie di film: si inizia, infatti, con l’”Amadeus” di Forman, vincitore di tante statuette a Los Angeles e da 33 anni paradigma del modo più autolesionistico di rapportarsi ai geni. Salieri, che era un grande di suo, si scontra con il destino cinico che determinò il dio (che infatti lui bestemmia più volte dal manicomio, se è vero quanto racconta il film) a mandare nella stessa epoca e nella stessa corte imperiale di Vienna il genio assoluto e irripetuto, comunque irrangiungibile per chiunque, di Wolfgang Amadeus Mozart.
Ha gioco facile il dott. Sconci a parlare di invidia a Sulmona e non solo per quello che si diceva in Piazza XX Settembre e si scrive adesso su facebook. Più semplicemente perché, in tutta la letteratura mondiale di tutti i tempi, la descrizione più efficace della personificazione della Invidia è proprio di Publio Ovidio Nasone.
Il modo migliore di celebrare il Sulmonese nel Bimillenario della morte è far parlare una sua opera, quelle “Metamorfosi” che lui riconobbe come propria figlia prediletta, l’unica che lo avrebbe perpetuato nei millenni. Sconci non aggancia Ovidio per promuovere una galleria d’arte, come sta accadendo in questo bimillenario; o per vendere aglio; o per far parlare tristi professori di lettere che pensano di ottenere successo di pubblico facendo leggere i versi osceni (come l’effetto erettile della bellezza muliebre, recitato qualche sera fa al teatro a nutrimento di una borghesia scurrile e infoiata) che Ovidio rinnegò per parlare delle sue “Mutate Forme”. Cita, invece, due versi di Ovidio sull’invidia: “La messe dei campi altrui è sempre più copiosa, e il bestiame del vicino ha la mammella più gonfia”, che sono poca cosa rispetto a quell’inferno del cuore che il Vate rappresenta nell’incontro tra Minerva e l’Invidia, non per niente uno dei venti articoli più letti tra gli oltre quattromila del “Vaschione”. Consigliamo una rilettura di quell’antro puzzolente e delle serpi che avvolgevano la turpe vecchia sdentata che si rammarica, per il suo vizio capitale, di dover rendere felice Minerva con l’ncarico che la Dea le assegna.
Poi si leggerà meglio, alla luce del putridume materiale che Ovidio descrive, il putridume della corte di Vienna ai tempi di Mozart; e quello dei luoghi di lavoro di oggi; e quello delle accademie di sempre.
Poi, ancora, ci sarà uno psichiatra a spiegare tutto: speriamo anche che ci suggerisca come lasciar fare gli invidiosi senza entrare nella loro ragnatela ferale. Forse sarà utile a questo anche l’impareggiabile Gigi Proietti che salutava con il suo “Ciao, ‘nvidiosi” e il sorriso sulle labbra per… far crescere l’invidia.