NELLA NOTTE CADE LA GIUNTA DI GIUSEPPE RANALLI
11 FEBBRAIO 2016 – L’operazione-sindaco si è conclusa con il risultato previsto da Bruno Di Masci:
nove consiglieri si sono dimessi questa sera, a dispetto di tutti gli ostacoli che lo stesso Partito democratico ha posto in queste settimane. A lasciare il Consiglio comunale, determinando la condizione per l’azzeramento della “legislatura”, è, tra i nove, lo stesso segretario del Pd, Fabio Ranalli.
Aderisce alla chiamata pubblica anche Lucci, candidato sindaco di “Sulmona Bene in Comune”, che ha, così, espresso una opzione chiara e politicamente utile rispetto alla cervellotica posizione inizialmente proclamata dal gruppo (“Il sindaco debbono mandarlo a casa gli stessi che lo hanno scelto”). Quando Giuseppe Ranalli stava cercando di raccogliere una giunta “tecnica”, addirittura facendo leva anche su assessori di altre città, paracadutati su Sulmona solo per dire che il quinquennio doveva continuare, la crisi ha subito una accelerazione che porterà la città a nuove elezioni in maggio.
Molti gli aspetti positivi di tale impennata: innanzitutto formavano un pessimo quadro d’insieme le situazioni di Enea Di Ianni, votato dal centro-destra e oggi sostenitore di Ranalli senza neppure una verifica interna alla sua parte politica, oppure di Casciani, che sembrava saldamente collegato al sindaco e che pure non si è fatto scrupolo di assecondare una strana pretesa da battitore libero e padrone assoluto anche della durata delle riunioni consiliari. Insomma una misura andava ripristinata, visti i personalismi che hanno macchiato qua e là gli ultimi mesi di amministrazione. La scossa, tuttavia, non è passata senza lasciare conseguenze: e nel Pd questo ammutinamento contro Rapino che diceva ai suoi di non dimettersi, anzi lo ha ingiunto a tutto il partito appena è arrivato e fino a ieri. Come si possa presentare un partito così alle elezioni da preparare in quattro e quattr’otto è il rebus di questi mesi.
Tanto che a Destra non disdegna di ripresentarsi Fabio Federico, che potrebbe contare, questo sì, su un campo avversario già sbaragliato di suo.