OVVIETA’ LAPALISSIANE AGLI “STATI GENERALI” DEGLI “INDUSTRIALI”
3 FEBBRAIO 2016 – Si sarebbero riuniti gli “Stati generali dell’imprenditoria” per dire che una città deve avere una guida politica e amministrativa; che Ovidio con il suo Bimillenario è una buona occasione per proporre le eccellenze del territorio; che l’Abbazia celestiniana è uno spazio che offre opportunità turistiche e di sviluppo (più esattamente hanno parlato di ambiente adatto all’”industria convegnistica”); che il “no” a metanodotto, cementificio, monnezza varia non deve essere “senza se e senza ma” e “a prescindere”. E così lapalissianamente continuando.
Se si fossero chiesti perché nessuno di loro ha impiantato negli ultimi cinquant’anni uno stabilimento che fosse uno ed hanno sempre chiesto che venissero catapultati a Sulmona gli stabilimenti di grandi imprese (in crisi) con le quali vivere a contatto per spartire le briciole; se si fossero domandati perché la massima aspirazione per molti che si fregiano del titolo di “industriale” è quella di partecipare ai FAS per i supermercati e pagare settecento euro al mese chi lavora otto ore al giorno e fa gli straordinari, forse Sulmona, con il sindaco in carica o senza sindaco in carica, capirebbe perché tra dieci anni scenderà a quindicimila abitanti; prima della prossima convocazione degli “Stati generali”.
Ci fosse uno di loro che abbia detto a D’Alfonso quello che si merita per aver tagliato Sulmona e la Valle Peligna dai traffici stradali, autostradali e ferroviari. Si ammantano del rituale di “Stati generali” che, dai tempi immediatamente precedenti la Rivoluzione francese in poi, ha una carica di sfiga che è difficile trovarne di eguali, e finiscono sempre per dirsi quanto sono bravi. Eppure, invece di ritrovarsi nella “zona artigianale” dove un cardinale qualche anno fa passò rimanendo sbigottito per l’aria di cimitero che c’era, avrebbero potuto fare uno sforzo e chiedere agli imprenditori di Roccaraso come si fa una pista da sci, come si allestiscono gli impianti di risalita, come si costruiscono alberghi senza stare a chiedere sempre e soltanto la ripartizione di fondi europei e nazionali. E soprattutto senza ripetere la cantilena che anche gli impianti impattanti creano occupazione e agevolano la ripresa dell’economia: fa impresa chi crea qualcosa che altri non è riuscito ad intuire, oppure chi organizza meglio i fattori della produzione e rischia di persona, senza andare a rimorchio della programmazione pubblica. Questo diceva Einaudi, che non risulta abbia mai indetto gli “Stati generali”.
Nella foto: l’ulivo davanti alla sede del Nucleo Industriale, forse il simbolo dell’innovazione dal 1968 ad oggi.