GLI INDISTINTI CONFINI TRA GLI DEI E LE IDEE
Di una contiguità tra uomini, animali e cose e, quindi, di un passaggio sempre possibile tra le varie condizioni parla Italo Calvino a proposito delle “Metamorfosi” di Ovidio e proprio in uno scritto introduttivo della edizione dei “Millenni” di Einaudi del 1979. Annota, tra l’altro, che non c’è gerarchia: “La compenetrazione dèi-uomini-natura implica non un ordine gerarchico univoco ma un intricato sistema d’interrelazioni in cui ogni livello può influire sugli altri, sia pur in diversa misura. Il mito, in Ovidio, è il campo di tensione in cui queste forze si scontrano e si bilanciano”. E, riprendendo dalla Introduzione di Piero Bernardini Mazzolla alla stessa edizione, sottolinea il modo di designare gli oggetti (animati e inanimati) “come differenti combinazioni di un numero relativamente piccolo di elementi fondamentali, semplicissimi”, che è poi la sola, certa, filosofia delle Metamorfosi : “quella della unità e parentela di tutto ciò che esiste al mondo, cose ed esseri viventi”. Calvino diventa più preciso : “Col racconto cosmogonico del libro I e la professione di fede di Pitagora dell’ultimo, Ovidio ha voluto dare una sistemazione teorica a questa filosofia naturale, forse in concorrenza col lontanissimo Lucrezio. Sul valore da dare a queste enunciazioni si è molto discusso, ma forse la cosa che conta per noi è la coerenza poetica nel modo che Ovidio ha di rappresentare e raccontare il suo mondo: questo brulicare e aggrovigliarsi di vicende spesso simili e sempre diverse, in cui si celebra la continuità e mobilità del tutto”.
L’accostamento agli déi…
Calvino coglie dai primi esametri l’intento di Ovidio di accostare la vita degli déi a quella degli uomini, al punto da renderli confinanti e quando il Sulmonese descrive la reggia celeste deve specificare che non è il Palatino, sebbene appaia proprio quello. Tuttavia “Avvicinamento non vuol dire riduzione o ironia: siamo in un universo in cui le forme riempiono fittamente lo spazio scambiandosi continuamente qualità e dimensioni, e il fluire del tempo è riempito da un proliferare di racconti e di cicli di racconti“. Calvino osserva: “La contiguità tra déi e esseri umani – imparentati agli déi e oggetto dei loro amori compulsivi – è uno dei temi dominanti delle Metamorfosi, ma non è che un caso particolare della contiguità tra tutte le figure o forme dell’esistente, antropomorfe o meno. Fauna, flora, regno minerale, firmamento inglobano nella loro comune sostanza ciò che usiamo considerare umano come insieme di qualità corporee e psicologiche e morali. La poesia delle Metamorfosi mette radice soprattutto su questi indistinti confini tra mondi diversi e già nel libro II trova un’occasione straordinaria nel mito di Fetonte che osa mettersi alla guida del carro del Sole. Il cielo vi appare come spazio assoluto, geometria astratta e insieme come teatro d’un’avventura umana resa con tale precisione di dettagli da non farci perdere il filo neppure per un secondo, portando il coinvolgimento emotivo fino allo spasimo“.

“Non è soltanto la precisione nei dati concreti più materiali, come il movimento del carro che sbanda e sobbalza per l’insolita leggerezza del carico. o nelle emozioni del giovani maldestro cocchiere, ma nella visualizzazione di modelli ideali, come la mappa celeste”
…e la compenetrazione déi-uomini-natura
“La compenetrazione déi-uomini-natura implica non un ordine gerarchico univoco ma un intricato sistema d’interrelazioni in cui ogni livello può influire sugli altri, sia pur in diversa misura” e “la sfida agli déi implica un’intenzione irriverente o blasfema nel racconto: la tessitrice Aracne sfida Minerva nell’arte del telaio e raffigura in un arazzo i peccati degli déi libertini“.
E nulla viene narrato per caso o solo per aggiungere e sfoggiare la completezza del repertorio: “Nel grande campionario di miti che è l’intero poema, il mito di Pallade e Aracne può contenere a sua volta due campionari in scala ridotta orientati in direzioni ideologiche opposte: l’uno per infondere sacro timore, l’altro per incitare all’irriverenza e alla relatività morale. Chi ne inferisse che l’intero poema deva esser letto nel primo modo – dato che la sfida di Aracne è crudelmente punita – o nel secondo – dato che la resa poetica favorisce la colpevole e vittima – sbaglierebbe: le Metamorfosi vogliono rappresentare l’insieme del raccontabile tramandato dalla letteratura con tutta la forza d’immagini e di significati che esso convoglia, senza decidere – secondo l’ambiguità propriamente mitica – tra le chiavi di lettura possibili. Solo accogliendo nel poema tutti i racconti e le intenzioni di racconto che scorrono in ogni direzione, che s’affollano e spingono per incanalarsi nell’ordinata distesa dei suoi esametri, l’autore delle Metamorfosi sarà sicuro di non servire un disegno parziale ma la molteplicità vivente che non esclude nessun dio noto o ignoto“.