Odi e lodi barbare

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CRIPTICO MESSAGGIO DI ANDREA GEROSOLIMO SCOPERTOSI CARDUCCIANO

27 MAGGIO 2017 – L’assessore regionale Andrea Gerosolimo avrebbe preso posizione su “facebook” in merito alla sconcertante bocciatura dell’ordinanza di sgombero di tutto Palazzo Mazara . “Siamo alla barbarie” ha scritto; solo questo.

 

Elementi certi per la riconducibilità del commento non si sono per ora trovati. Ma certamente, se Gerosolimo parlava di barbarie, che, secondo il Devoto-Olj, vuol dire: “Condizioni di vita estranee o contrarie al nostro modo di organizzare l’esistenza”, mentre l’ancora più autorevole Battaglia, nei suoi venti volumi del “Dizionario della lingua italiana” dell’UTET, la definisce lapidariamente “condizione di inciviltà”, doveva riferirsi proprio alla decisione della sindaca Casini nelle ore del terremoto del 18 gennaio 2017. Infatti, se un sindaco emette una ordinanza senza neppure motivarla, si pone al di fuori della civiltà italiana, descritta e segnata dalla Costituzione. E questo è successo per Palazzo Mazara, come ha scritto il Tribunale Amministrativo dell’Aquila in termini che farebbero arrossire qualsiasi amministratore. Gerosolimo avrà pensato proprio all’ode di Foscolo “Dal dì che nozze, tribunali ed are (…)”, per indicare il primo sorgere di una civiltà; e, quindi, si riferiva al declino della civiltà con il provvedimento della sindaca Casini. Oddìo il termine “barbarie” per qualificare una prepotenza da quattro soldi che ha fatto la sindaca ci sembra un po’ eccessivo. Ma certe volte, conveniamo, è meglio prendere le distanze da questi oscurantismi, soprattutto perché il  partito di Gerosolimo ha qualcosa a che fare con “civico”, almeno nel nome. Poi il Nostro è aduso a fare e disfare, dire e disdire, se prima in provincia collaborava con una giunta di destra e poi in regione collabora con una di sinistra. Potrebbe essere anche che, lette le reazioni di Renzi alle decisoni del TAR sulle nomine dei direttori dei musei, volesse anche lui sbottare dopo oltre un mese (certe volte il coraggio viene dall’esempio degli altri) e sostenere che sia stato il TAR a realizzare la barbarie. Chissà…

Ma una spiegazione che non sia da ricondurre all’abuso di fave e carciofi nella sagra della sua Prezza non la troviamo.

Veramente qualche problema in merito a questa riconducibilità all’ordinanza di sgombero ce lo siamo posto quando abbiamo saputo (non aderiamo a facebook) che la frase sibillina è piaciuta molto alla sindaca Anna Maria Casini, che avrebbe scritto a Gerosolimo di continuare, che lui è forte, che gli altri sono carichi di odio (andiamoci piano, prima di arrivare a questo bisognerebbe avere la statura di Berlusconi e il seguito del suo partito dell’amore). “Insomma – ci siamo chiesti – una che non sa neppure come si trova a Palazzo San Francesco e, se se lo chiede, si risponde che ce l’ha messa Gerosolimo, può sottoscrivere un commento entusiastico alla decisione del TAR per un provvedimento che lei ha adottato in forme contrarie “al nostro modo di organizzare l’esistenza” che passa prima di tutto attraverso le leggi? Siamo all’autolesionismo puro?”

Poi un altro punto che non ci convince è il dilemma su come persone che dicono di essere amici di Gerosolimo e Casini plaudono a questa condanna e scrivono “mi piace”. “Mi piace” che cosa? Hanno capito qualcosa di diverso da quello che logica e terminologia possono spiegare? E se non sanno neanche loro cosa hanno capito, che “piaceggiano”? Anche queste, come lodi, ci sembrano barbare assai, “contrarie al nostro modo di organizzare l’esistenza”, fatte solo per assecondare il capo.

Insomma, visto che sta in giunta con Luciano D’Alfonso, Gerosolimo non avrebbe difficoltà a fare sfoggio (e conio) di termini italiani e simil-italiani, che almeno ci illuminino su quello che voleva dire, a cosa voleva alludere. Se poi non trova le parole, ci potrebbe abbozzare con la lingua dei segni se: a) voleva bacchettare la sindaca e attraverso lei bacchettare se stesso che ce l’ha messa (ognuno può martellarsi dove preferisce); oppure se b) voleva dire, come ha detto Renzi, che la vera riforma sarebbe stata quella dei TAR e di barbarie non si parlerebbe più. E’ vero che Annamaria Masaniello-Casini ha inscenato una protesta per la chiusura dell’agenzia culturale a Piazza Venezuela con una ordinanza della Regione neppure annunciata (cioè come ha fatto lei per Palazzo Mazara) e quindi fa una cosa e poi condanna il metodo. Ma questi equilibrismi del dire e non dire, dell’allusione, del “non mi fa’ parla’”, del non fare nomi e cognomi, non sono condizioni consone “al nostro modo di organizzare l’esistenza”; che non siano proprio indice del contrario?

Barbari, invero, ci siamo sempre professati e per libera scelta: per il dissenso dovuto al conformismo imperante, alle forme abusate, all’imitazione servile del potere consolidato; per l’interesse alle forme nuove. In questa scelta ci conferma l’esempio di Giosuè Carducci che introdusse le sue “Odi barbare”, che si distaccavano per la metrica dalla tradizione greca e romana. Forse è questo che voleva sottolineare Gerosolimo: e, quindi, pretendere che si torni agli esametri classici, o anche solo alle liriche che incensano.

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