ONORI A GIOVANNI LEGNINI IL CONSERVATORE

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ILLUMINA LA POLITICA PER I CORRETTIVI ALLA SOPPRESSIONE DEI TRIBUNALI MA DIMENTICA QUALCHE COSINA

29  DICEMBRE 2016 – In una delle tante interviste striscianti (nel senso che strisciano al cospetto dell’intervistato e sono l’opposto delle interviste ficcanti dei giornalisti), il TG3 Abruzzo ha chiesto al vice-presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, quali possano essere i correttivi alla legge di soppressione di quattro tribunali abruzzesi, cioè quelli che non stanno nei capoluoghi di provincia.

E’ sempre la storia di chi si accontenta di sentire il vice quando potrebbe sentire il presidente. Sarà l’unto del PD che è stato designato al CSM per equilibri politici, ma Legnini è pur sempre in posizione subordinata rispetto a Mattarella; per questo, alla cerimonia di lunedì scorso a Sulmona, visto che c’era il presidente, poteva evitare di farsi riprendere davanti a fotografi e telecamere, a meno che non abbia esigenze di coltivare il proprio collegio elettorale come quando è andato a inaugurare una catena di produzione di un pastificio.  Dunque, se il TG3 ambisse a fare giornalismo secondo le regole, avrebbe potuto sentire Giorgio Napolitano che addirittura espresse un monito (egli spesso emanava moniti, noi altri diciamo la nostra) poche ore prima che la Corte Costituzionale si pronunciasse sulla legittimità della legge di soppressione; e il monito era, manco a dirlo, nel senso di ritenere legittima la legge.

Ma vabbè, sentiamo il vice; accontentiamoci. Sostiene il vice che l’assetto dei presidi giudiziari abruzzesi uscirebbe inadeguato dalla soppressione di quattro tribunali e quindi sarebbe il caso di intraprendere una iniziativa legislativa che modulasse diversamente la geografia giudiziaria regionale; nel frattempo, una proroga alla applicazione della legge sarebbe giustificata.

Se facciamo due conti, vediamo che a votare la legge di soppressione nel 2011 fu anche Giovanni Legnini, che, al contrario di quello che faceva il suo collega di partito Giovanni Lolli per le leggi che riguardavano anche marginalmente L’Aquila, non pose condizione alcuna. Non diciamo che avrebbe dovuto intraprendere uno sciopero della fame in aula; non diciamo che avrebbe dovuto fare opera di lobby come fa Antonio Iannamorelli per avvicinare e convincere quanti più parlamentari su una legge che interessa una piccola componente sociale; non diciamo che avrebbe dovuto inserire un comma che recitasse “tranne per le regioni che non avrebbero più presidi giudiziari per metà del loro territorio”; ma almeno una dichiarazione alla stampa per dire che la legge era una schifezza, come disse Calderoli per il “Porcellum”, quella la poteva fare. Certo sarebbe andato incontro al destino di Lolli, che non è stato più presentato al parlamento e ha rimediato una vice-presidenza in Regione, ma almeno avrebbe evitato di fare queste figure da contorsionista con il fisico che non l’aiuta. Avrebbe perso gli accrediti per continuare la sua carriera poolitica; ma vuoi mettere arrivare a fare niente più che un vice, mentre si sarebbe trovata intestata una strada a Sulmona per la conservazione del tribunale e l’immolazione: “Giovanni Legnini conservatore” avrebbe recitato la lapide.

Ora guardiamo al futuro, quello che è stato è stato, tanto più che certi Sulmonesi lo accolgono ancora scodinzolando. Legnini evidentemente teme che in molti vadano a leggere chi votò a favore della legge di soppressione senza se e senza ma. Quando si vedranno gli effetti di quattro tribunali in meno e metà del territorio d’Abruzzo senza l’ombra di un palazzo di giustizia; quando città come Sulmona, Avezzano, Vasto e Lanciano non avranno più un ceto intellettuale di professionisti legali, sanitari, tecnici e tutt’al più qualcuna di esse si libererà di giudici saccenti, allora si avvertiranno gli effetti del voto di Legnini prima di diventare vice.

Ma una riabilitazione anche Legnini può averla: si rivolga al partito che l’ha mandato al CSM e faccia trovare un manipolo di ultra conservatori (come se ne trovano a iosa nel PD) che, pur senza trasformare l’aula in un bivacco, perorino un decreto legge fondato sugli stessi lineari argomenti che Legnini ha illustrato nella intervista strisciante. Non pensi che l’iniziativa debba partire dal basso e lui si possa definire l’ispiratore di tanta grazia per l’Abruzzo; ha fatto un guaio e ora corra per rimediare. Poi vedremo se potremo proporlo ad un avanzamento di carriera e fargli fare il presidente del CSM.

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