31 LUGLIO 2015 – Non è detto che visitando un monumento se ne visiti la parte più suggestiva.
Per esempio, la cattedrale di Corfinio una volta era quasi sempre inaccessibile; adesso è facile entrarvi e vedere il magnifico ambone, dove la pietra sembra di burro, tanto i motivi floreali sono intagliati dolcemente e danno l’idea di non aver opposto resistenza agli scalpelli. Ma anche se si può vedere ogni giorno la chiesa di San Pelino, essere ammessi all’Oratorio di Sant’Alessandro, che si dirama perpendicolare alle navate di San Pelino, è occasione preziosa e rara.
La porta di accesso, con due solchi profondi sulla lastra di pietra alla base per tracciare le guide dei pesantissimi serramenti, è spalancata durante la celebrazione della messa per il centenario dell’inizio della prima guerra mondiale. Per chi è abituato a vedere dall’esterno questo transetto tra la torre mozzata (residuo di un mausoleo classico, come avverte al “Guida rossa” del Touring) e la basilica-cattedrale, entrarvi è una vera sorpresa: per rimanere al tema storico, sembra percorrere la breccia di Porta Pia. Appena dentro, si dimentica tutto, perché la presenza di Roma (cioè della società vincente che si sostituì quasi cent’anni prima di Cristo alla libera Corfinio) è folgorante: con le iscrizioni che per sbaglio sono rimaste dal tempio pagano, con i capitelli che dovevano abbellire i palazzi eleganti di una capitale, la prima che reggesse il nome di “Italia”; con le tombe del periodo nel quale questa Corfinio era il caposaldo della via Tiburtina.
E’ sospeso tra la romanità e la cristianità questo grande oratorio chiuso 365 giorni l’anno e aperto sì e no il 366° dell’anno bisestile.