Tiferemmo per la Giovanna d’Arcore, se…

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ELISABETTA BIANCHI E LA BENEDIZIONE DEL PRESIDENTE

28 MAGGIO 2016 – Una certa battaglia per salvare Sulmona dal declino l’ha affrontata;

delle credenziali per sostenere a viso aperto la competizione elettorale le aveva accumulate. Dunque, Elisabetta Bianchi poteva risollevare le sorti abbastanza compromesse di una “Forza Italia” squinternata dalla resa dei conti e dissanguata da un esodo di candidati che non ha precedenti in tutta la storia politica dei partiti a Sulmona.

Ci siamo detti: “Se mantiene una minima autonomia dalla senatrice di riferimento, Paola Pelino, che sottoscrisse a due mani la legge di soppressione del tribunale di Sulmona; se riesce a sbiadire un po’ l’immagine di un partito che ha collocato personaggi come Franco Iezzi alla presidenza del Parco Nazionale della Majella, prelevandolo di peso dai “successi” del Nucleo di sviluppo industriale, del Parco del Vella, della Banca Agricola e via fallendo; se riesce a convincere le persone oneste che non è il caso di andare sottobraccio al condannato Silvio Berlusconi, anche se questi è l’immagine stessa del partito e paga tutte le spese; se fa tutto questo, per quanto difficile da farsi, può ancora sperare non proprio occupare la poltrona del sindaco, ma di entrare in Consiglio e svolgere una dignitosa battaglia civica. Ha l’oratoria giusta, la cultura, il garbo che ci vogliono; uno studio di immagine (di quelli che non mancano all’entourage berlusconiano) potrebbe anche renderla simpatica, sebbene diffidiamo di quelli che sfoderano falsi sorrisi e frasi ammiccanti e complici, perché sono proprio coloro che portano al buonismo di facciata e alle coltellate alla schiena; quindi, sotto questo aspetto, va bene com’è”.

E, mentre eravamo assorti in questi pensieri, che leggiamo? Che Elisabetta Bianchi ha articolato in queste ore un colpo di teatro: ha incontrato l’ex cavaliere Silvio Berlusconi, dal quale ha sostanzialmente preso la benedizione per raccogliere voti.

Ma come è possibile? Aveva combattuto di suo, aveva digiunato e dormito in una branda al tribunale per salvare l’ultima istituzione circondariale di Sulmona; aveva affrontato il “governatore” Luciano D’Alfonso per cantargliele; poteva essere una Giovanna d’Arco del centro-Abruzzo e si accontenta del ruolo di Giovanna d’Arcore?

E con chi va da Berlusconi? Con Paola Pelino, cioè con la senatrice che, se fosse stato per lei, avrebbe chiuso il tribunale con tutta Elisabetta Bianchi dentro e la brandina? E poi qual è il programma di Berlusconi per Sulmona? Venire per il Bimillenario ovidiano perché “Ovidio – racconta il condannato, usurpatore del nome “Destra” da 23 anni, grazie anche a Fini che pensava di cuocerlo mentre era proprio lui che stava nel pentolone e non se ne accorgeva – è per eccellenza il poeta dell’amore, per questo lo apprezzo molto”.

Cioè: siamo ancora alla tiritera del massimo poeta della latinità ridotto a paccottiglia per infoiati. Niente male per il bimillenario. Ma un altro colpo di teatro ci risolleverebbe e ci porterebbe a votare già dal 5 giugno per Elisabetta Bianchi, per poi confermarci il 19 al ballottaggio, nel quale sicuramente trionferebbe. Infatti l’ex cavaliere ha detto alla candidata e alla accompagnatrice-demolitrice di tribunali: “Conosco a memoria le poesie del vostro concittadino Ovidio, ne sono stato sempre appassionato”. Basterebbe organizzare una recita in Piazza XX Settembre (macchè, lo spazio non sarebbe sufficiente, dobbiamo impegnare la Piazza Grande delle fiere medievali) per sentire tutti i quindici libri di esametri delle Metamorfosi declamati da Silvio Berlusconi e raccogliere voti ad ogni accento, meglio se in latino.

Perciò, senza indugio, l’avv. Bianchi si munisca di una bacchetta a inviti il presidente a scandire bene, cominciando da: “In nova fert animus mutatas dicere formas” e poi gli altri 774 versi del primo libro e, dopo aver consentito all’ex cavaliere di riprendere fiato, riattacchi: “Regia Solis erat subliminus alta columnis” e per gli altri 874 esametri del secondo libro; e, con la sospensione per un bicchiere d’acqua, “Iamque deus posita fallacis imagine tauri” e gli altri 752 versi del terzo libro e poi gli altri fino al giorno dopo. E se il Pico della Mirandola dovesse mostrare qualche cedimento, una tronca al posto di una sdrucciola, la bacchetta servirebbe come servivano quelle delle Elementari dell’Italia che rinasceva come vuole farla rinascere il Silvio nazionale. E se questi dovesse incappare in qualche errore (del genere: “pergolato” invece di “percolato” come quando parlava della discariche della Campania, lui che si è distratto dall’Italiano per mandare a memoria tutta la produzione ovidiana), non basterebbe la bacchetta, ma si passerebbe agli sculaccioni.

Solo così potremmo votare Elisabetta Bianchi sotto il segno di Forza Italia. 

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