TORNA PER UN GIORNO A SULMONA LO SPIRITO ERRANTE DI MANFREDI DI HOHENSTAUFEN

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DALLE TERZINE DI DANTE E DAL LASCITO MORALE DEL RE SVEVO DISSEPPELLITO DOPO LA BATTAGLIA DI BENEVENTO UN COLLEGAMENTO CON LA CITTA’ CHE AMO’ REGALANDOLE L’ACQUEDOTTOMERCOLEDI’ LA CONFERENZA A VIA SILVESTRO DI GIACOMO

18 MARZO 2024 – Dell’amore purissimo di un padre per la figlia e di quanto ne scaturisce, anche di un moto insurrezionale che incendia tutta la Sicilia come ricompensa ideale di quello slancio immensamente spirituale, si parlerà mercoledì pomeriggio nell’aula magna dell’istituto di istruzione superiore “Ovidio” in Via Silvestro Di Giacomo alle ore 16,30 per iniziativa dell’Università Sulmonese della Libera Età. Il tema sarà introdotto dal direttore de “Il Vaschione”, Vincenzo Colaiacovo, ma a parlare, con l’insolita “mediazione culturale” di Dante Alighieri, sarà Manfredi, Re di tutto il Mezzogiorno d’Italia nella metà del XIII secolo, fortunato destinatario degli effetti catastrofici dell’eruzione vulcanica più imponente e distruttiva della Storia, nel 1257; sfortunato guerriero a Benevento; vittima della vendetta di un Papa agli antipodi del francescanesimo nascente; generoso dominatore della Sulmona sveva alla quale concesse l’opera di ingegneria civile più importante, l’acquedotto in Piazza Maggiore, e per la quale fortificò la curia regionale con giurisdizione su tutto l’Abruzzo; autore della punizione della città dell’Aquila che fu da lui distrutta.

Le parole cristalline del Manfredi che attende, nel Purgatorio, di elevarsi e fa affidamento sulle preghiere dei vivi per le quali “molto fra noi s’avanza” verso il Paradiso, fanno trasparire il più sublime passaggio spirituale della “Commedia” e sembrano l’anticipazione di quelle che Dante riserva per Beatrice; contengono il trasporto per il destino della figlia, ma anche la potenza di un anelito, l’unico che ormai gli rimane, nel mondo dello spirito, affinchè, prima di tutto, la giovane Costanza sappia la verità, qualunque altra cosa si dica a lei.

Il Manfredi di Hohenstaufen, figlio di Federico II, dimenticato dagli stessi Sulmonesi che fino allo scorso anno hanno creduto di vedere in un affresco all’Annunziata (nella foto in basso), invece di un sovrano svevo, il Re Ladislao, riposa in quelle semplici parole che rivolge a Dante e che tornano in mente a molti studenti, seppure non siano immediatamente abbinate alla sua storia, al suo tragico potere, come tutti i poteri causa di “orribili peccati” che egli stesso ammette, ormai collocato in una dimensione superiore.

E di lui non si può dire di aver parlato se non si parla dei Vespri siciliani, quale definitiva riabilitazione voluta dalla giovane Costanza, sposa di Pietro III d’Aragona, contro l’affronto della decapitazione del cugino, Corradino di Svevia, nella Piazza del Mercato a Napoli dopo la sconfitta sui Campi Palentini di Scurcola Marsicana. Vile esecuzione di un sovrano, autentico crimine di guerra contro il quale insorse il cancelliere imperiale Pietro da Prezza nella sua invettiva contro Carlo D’Angiò.

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