A QUANTI DOBBIAMO QUELLO CHE SIAMO?

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IL CICLO DI CONFERENZE SU LIBRI E LETTURA ALLA SALA AZZURRA

26 NOVEMBRE 2015 – Un carteggio fra i più intensi quello di Claudio Magris e Biagio Marin, tanto da essere racchiuso in un libro che porta nel titolo il contenuto di una aspirazione elevata: “Ti devo molto di ciò che sono”, cioè l’immedesimazione di due intelletti, di due persone. Per la serie dei “Liberincontri”, cioè del contatto con la produzione letteraria, il Centro Ricerche Vittorio Monaco mi ha prospettato l’idea di raccontare un mio incontro con un libro importante. Per quello che racchiude il carteggio, per le speranze che infonde il contatto tra due anime, non ho avuto esitazioni.

Gli incontri con le persone-chiave della mia vita penso abbiano formato il mio modo di essere, al punto che posso ritenere adatte le parole del prof. Nicola Auciello che così ha presentato questa conferenza: “Ci sono incontri che offrono un dono inestimabile, del quale ci accorgiamo dopo averlo ricevuto e, fatalmente, solo dopo aver perduto chi ce lo fece. Come se l’anima di un altro, intonandosi alla nostra, la facesse diventare pian piano l’albero maturo in cui infine si riconosce. Di questi debiti sotterranei di cui si alimentano le vite, sempre più rari in un mondo ricco di informazioni ma povero di dialoghi autentici, ci parlerà Vincenzo Colaiacovo, avvocato e giornalista”.

E Nicola Auciello ha presentato la breve conferenza su questo carteggio, che ha trovato il punto di maggiore interesse nel collegamento, formulato dallo stesso Magris, tra il dialogo di due spiriti e l’elemento nuovo che ne emerge, addirittura con la metamorfosi che l’autore triestino ha individuato come risultato del contatto, della autentica contaminazione. Importanti i contributi del prof. Ilio Di Iorio, che si è soffermato sul tema della immortalità, meta agognata di ogni intelletto umano, ma atto di fede: prospettiva non certificata per ogni uomo. Di una immortalità diversa, laica, si è parlato a proposito della trasmissione di conoscenze e civiltà: di quello che si dona rimane una conseguenza in coloro che lo raccolgono, cosicchè si può dire che una civiltà si tramanda attraverso questo lascito e il libero arbitrio di ognuno sta nel discernere tra le cose giuste e quelle inaccettabili, che non possono attraversare i secoli. O non dovrebbero attraversarli, sebbene la storia abbia dimostrato  che proprio i lasciti maggiori siano stati quelli della violenza e dell’usurpazione. Ma, almeno in questo, il libero arbitrio ha la sua ragion d’essere e può migliorare l’umanità. Altri interventi sono venuti dall’ing. Carlo Maria Speranza, dall’avv. Elisabettta Bianchi, da Vincenzo Accardo.

Il luogo è stato uno dei più intensi per chi ama Sulmona: la “Sala Azzurra” di Palazzo di Giovanni Sardi, in Via dei Sardi 9 (nella foto del titolo il leone alla fine della scalinata del palazzetto Sardi).

V.C.

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