APPROVATA LA RIFORMA DEI GIUDICI DI PACE. E LA BATTAGLIA DEL TRIBUNALE POTREBBE AVERE UNA SPERANZA CON L’UNIONE AD AVEZZANO
18 MAGGIO 2016 – E’ legge (n. 57 del 2016) la riforma della magistratura onoraria; ma occorre attendere i decreti di attuazione, che dovranno essere approvati entro un anno. Il provvedimento si innesta con grande rilievo nella tematica della “giustizia di prossimità”, come viene definita quella più capillarmente adeguata al territorio. In sostanza, viene ad alleviare le gravi conseguenze che in tutta Italia sono state determinate con la soppressione di circa quaranta tribunali nelle sedi che non sono capoluogo di provincia. Il giudice di pace, l’unico giudice onorario che sopravviverà (saranno soppressi i giudici onorari di tribunale), avrà una competenza a decidere le cause di valore fino a trentamila euro (rispetto agli attuali 5.000) e, per gli incidenti stradali, quelle fino a cinquantamila euro. Novità assoluta saranno le competenze per le esecuzioni mobiliari, per i procedimenti di volontaria giurisdizione “connotati da minore complessità” e per le cause in materia di diritti reali, ancora con la connotazione di minore entità (da definire nei decreti delegati).
Beninteso: le città abruzzesi che per legge dovranno perdere i loro tribunali nel 2018 (Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto) non rimediano se non le briciole con questa “giustizia di prossimità”; tutt’al più si potrà evitare di affrontare distanze e spese per cause che possono ben essere discusse negli attuali ambiti circondariali. In questo senso, sono stati accolti dal legislatore gli auspici che vennero formulati proprio per risolvere la saturazione degli uffici giudiziari maggiori, che porta con sè la peggiore conseguenza: l’allungamento dei tempi delle decisioni. Il potenziamento degli uffici del giudice di pace avrà maggior senso se nel frattempo si porrà fine alla ingloriosa strettoia della mediazione obbligatoria, che fa perdere tempo agli avvocati e ai clienti (e carica questi ultimi di altre spese), con una statistica di casi risolti che non supera il 15%. I giudici di pace finora hanno dato buona prova di tentare le conciliazioni e qualcuno scrupolosamente ha cercato di individuare, anche nei casi più difficili e comunque con maggiore spirito e competenza dei mediatori, delle soluzioni praticabili per evitare di inasprire gli animi e di radicalizzare le posizioni.
La partita per la conservazione del tribunale, invece, va giocata, se ancora si è in tempo, con l’accorpamento del tribunale di Avezzano e di quello di Sulmona e la ripartizione delle cause (per esempio: quelle penali, le procedure concorsuali e quelle di lavoro ad Avezzano; quelle civili a Sulmona, che anche solo così avrebbe più carichi di quelli che ha adesso con tutte le altre materie). La costituzione di un tribunale del genere, collegato con mezz’ora di autostrada, farebbe risaltare l’anacronismo del tribunale dell’Aquila che, pur rappresentando la metà del carico di cause di Sulmona e Avezzano, dovrà accorpare entrambi dal 2018 solo perché ha sede nel capoluogo di provincia, in mezzo a montagne inospitali, a 700 metri di altitudine, privo sostanzialmente di collegamenti ferroviari.
Va superata la resistenza degli avvocati di Sulmona che hanno sempre rifiutato una collaborazione con quelli di Avezzano (più concilianti e propositivi) e di tutte le forze politiche e sociali chi ritengono che il tribunale di Sulmona possa salvarsi solo perché il centro peligno ha dato i natali a Giuseppe Capograssi, che è stato senz’altro giudice costituzionale e guida di schiere di giuristi, ma che si sarebbe meravigliato per primo nel riscontrare, per esempio, che, per salvarlo, il tribunale di Sulmona sarebbe stato passato alla definizione di “tribunale di montagna” (letteralmente così la proposta della sen. Stefania Pezzopane, cioè di una che ha il tribunale 400 metri più in montagna di quello di Sulmona): così il giudice di pace avrà competenza fino a 50.000 euro per gli incidenti stradali e il tribunale potrà avere competenza sulla produzione di mozzarelle e cagliate.
Nella foto la statua a Licinio Crasso Muciano davanti alla Corte Suprema di Cassazione. Qui i giudici potrebbero esordire in una discussione: “E ora trattiamo un caso del tribunale di montagna di Sulmona…”