LE INCOMPRENSIONI CON PREZZOLINI E UNA PRECISAZIONE SU OVIDIO
6 OTTOBRE 2016- Se c’era un aspetto dominante degli epistolari o anche solo delle battute a voce di chi frequentava Via Veneto era la necessità di scegliere con precisione le parole.
Ennio Flaiano non ha perdonato a Giuseppe Prezzolini di averlo definito “spiritoso”. Fu in una recensione di “Il gioco e il massacro”, pubblicata per “Il Borghese”: “Flaiano è uno degli uomini più spiritosi d’Italia. Quando pubblica un articolo sopra un grande giornale si respira: si pensa a Bacchelli, a Landolfi ed all’ultima maniera di Moravia ed ad altrettanti tentativi di asfissia. Un giorno che apparve l’articolo memorabile sulla Discesa dei timbri ricevetti varie lettere che me lo segnalarono come se fossi stato capace di lasciarmelo sfuggire. Il libro che ha pubblicato, Il gioco e il massacro (Rizzoli), non smentisce la sua fama. E’ composto di due racconti fra i quali i critici letterari sviscerarono un legamento che a me apparve un’appiccicatura. I due racconti sono differenti, l’uno non mi par che abbia nulla a che fare con l’altro, e il secondo è migliore del primo. Se il Flaiano voleva dimostrare di aver spirito e di scriver con una disinvoltura brillante c’è riuscito perfettamente. Il suo scrivere è tutta una cascata di motti, di trovate, di scherzi, di invenzioni, di punture. Ma, mi sia permesso di dirlo ad un autore che stimo molto, non si può far un piatto tutto di sale: il sale sta bene, quasi in tutti i piatti, nelle modeste proporzioni del “pizzico”. Altrimenti ci fa morire di sete. Non basta la stranezza, e certe stranezze del libro son anche vecchie, da almeno vent’anni, da quando fu scritto un romanzo sopra una signora che diventò una volpe: Flaiano la fa diventare cane. Negli ultimi cinquant’anni la letteratura americana ci ha insegnato come si può arrostire l’America a fuoco lento o vivace. Perché il Flaiano, che ha un ingegno originale, va alla ricerca di questi temi lisi?”.
Gino Ruozzi, nel suo “Ennio Flaiano – una verità personale”, Carrocci editore, 2012, pag. 238, annota come “Flaiano fu soprattutto infastidito dall’appellativo di spiritoso, con il quale Prezzolini aveva aperto la recensione”. E infatti pochi giorni dopo lo scritto, il 22 maggio 1970, Flaiano scrive così a Prezzolini: “ Caro Prezzolini, la ringrazio vivamente per la sua segnalazione sul Borghese. E’ piuttosto violenta, ma va benissimo. Ho capito che i racconti non le piacciono e che invece le piace un elzeviro pubblicato tempo fa sul Corriere. Mi accontento. Mi definisce “spiritoso”: e questo è come dire a uno che non sa scrivere e che vuol divertire a tutti i costi. Comunque… che vuole farci? La storia della donna-cane non viene da Lady into Fox, , ma da “plus loin” come diceva Phédre, viene da Ovidio, da Apollo e Dafne e Pigmalione e Galatea. E l’America “trita” che lei mi rimprovera è quella che ho visto nel ’64, cioè un secolo fa, e non ho preteso di scoprire niente – mi è piaciuta, la ricordo con grande nostalgia, vi ho avuto anche un grande amore e l’ho descritta. Colpevole? Bene, si consoli pensando che pubblico molto di rado”.
Non passano tre settimane e il Pescarese torna sulla definizione “spiritoso” in un’altra lettera a Prezzolini: ” “Spiritoso” è dell’epoca del primo Petrolini quando si diceva anche: spirito di patate, e indicava generalmente un fatuo brillante e per di più umorista – altra parola che può rovinare una reputazione. P. e. Moravia dice che Gadda (che se lo mangia dodici volte) è un “grande umorista” per escluderlo – non per elogiarlo. Lei, così acuto nei giudizi sulla vita italiana (rileggo ancora La cultura italiana talvolta) sa queste cose molto bene”.