La foto non è stata scattata durante questa campagna elettorale; l’immagine di Piazza XX Settembre per le elezioni provinciali è quella che proponiamo in prima pagina e, tranne qualche eccezione,
sarà quella dell’ultima settimana di appuntamenti elettorali. Questa piazza, invece, era gremita giusto undici mesi fa, quando si organizzò una (romantica o velleitaria?) manifestazione perché proprio in quei giorni si dettavano le linee del decreto legge del 28 aprile 2009, quello, per intenderci, che doveva apprestare gli interventi nelle aree terremotate. Era una chiamata alle armi, non tanto per le persone che riempivano la piazza, quanto per coloro che parlarono dal palco. Ognuno, evidentemente, aveva la sua riserva mentale, se la realtà del decreto e soprattutto quella della istruttoria delle pratiche per la ricostruzione è ben conosciuta per le statistiche che si diffondono in questi giorni. Delle oltre 200 richieste per la ricostruzione di case classificate D ed E, a Sulmona, solo 70 hanno avuto un riscontro positivo e, peraltro, neppure per queste arriveranno presto i finanziamenti tramite banca. Delle altre categorie, neanche a parlare, addirittura per coloro che hanno rispettato il secondo termine assegnato, quello di ottobre 2009. Per ora, non restano che macerie. E fare una campagna elettorale tra le macerie, oggettivamente, è scomodo. Ma il punto sta proprio nel fatto che questa piazza non ha dimostrato di gradire il modo attraverso il quale la Provincia e lo stesso Governo hanno gestito la fase successiva alla sistemazione d’urgenza dei terremotati, non tanto per le promesse non mantenute, perché sullo scarto tra il programma e la realtà c’era già da stare cauti. La delusione è venuta dal fatto che, oltre la fase dell’emergenza, ci sono le scelte da fare ed il territorio della Provincia dell’Aquila è stato del tutto escluso da quella simbiosi che si proclamava come passaggio essenziale della ricostruzione. L’esodo dai centri abitati non è fenomeno solo delle zone del cratere ed è ancora più visibile nei paesi che, esclusi da ogni beneficio perché non compresi nel perimetro tracciato dal primo decreto Bertolaso, vanno incontro allo spopolamento per il fatto oggettivo della pericolosità di molti quartieri. Posto così il problema, l’unico modo per riempire queste piazze sarebbe stato il parlar chiaro sulle scelte urbanistiche ai quali i singoli Comuni si sarebbero rapportati in ambito provinciale. Ma se il solo intento di tutto un territorio è quello di ricostruire il capoluogo, non c’è prospettiva che valga a coinvolgere gli elettori.
Please follow and like us:
Messaggio precedenteA PALAZZO SAN FRANCESCO ACCADEVA IL CONTRARIO DELLA RISSA PER LE REGIONALI A ROMA
Next PostBIBLIOGRAFIA ESSENZIALE