FESTA DELLE EMITTENTI LIBERE, QUARANTA ANNI DOPO

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PIROTECNICO SPETTACOLO “MA SENZA NOSTALGIA”

3 DICEMBRE 2015 – Il numero sull’elenco telefonico c’è ancora: 51355.

Era tempestato di telefonate per le dediche delle canzoni; ora è intestato al negozio di vendita di elettrodomestici e cellulari dove è ancora possibile trovare Giorgio Farina, ma è più facile trovare i suoi figli, in una atmosfera ovattata, tecnologicamente lontana molto di più dei quarant’anni che ci separano dalle prime “prove tecniche di trasmissione” di Cesare Antomarchi con i suoi voli pindarici sui dischi in vinile, da uno all’altro. Questa è stata “RGF”, manco a dirlo iniziali di “Radio Giorgio Farina”, la capofila di tutte le emittenti della Valle Peligna, che tutto sommato durò poco rispetto alle trentasette candeline di “Radio Mondo” di Pratola Peligna.

E questa è la piccola storia di un’avventura che sarà raccontata domenica sera, dalle ore 19, nei locali del vecchio “Dopolavoro Ferroviario” in Via Alessandro Volta, passati in varie denominazioni (“Duemila”, “Charlie”, etc). A organizzare questa festa dell’etere peligno sono stati Angelo Merola, aiutato da una voce che è tutto un programma, e Venanzio Porziella, ora apprezzato chirurgo con specializzazione per gli interventi al torace al Policlinico “Agostino Gemelli” a Roma, ma propulsore delle più incandescenti esperienze sulla modulazione di frequenza, le onde ultracorte delle quali Giorgio Farina era mago indiscusso per le arditezze tecniche che affrontava e anche per gli scapicolli ai quali si esponeva nella installazione e manutenzione dei ripetitori (da quello mitico di San Cosimo, nell’area sulla quale confluirono dispute giudiziarie con TV1 e altre emittenti minori) a quello di Bussi, ambìto e conteso per lo sbocco su tutta la Val Pescara.

“Non daremo spazio alla nostalgia – sottolinea il dott. Venanzio Porziella – e parleremo del futuro, semmai. Ma non parleremo troppo, lasceremo parlare i dischi, che hanno un fascino insospettabile sulle nuovissime leve. Non so se riusciremo a rendere l’atmosfera di quegli studi disordinati e pieni di passione: non basterà “rimandare” qualche cassetta di quei programmi, perché quello che si sentiva in radio era un prodotto talvolta occasionale e imprevedibile del disordine degli studi. Vorremmo sostanzialmente dire, per il futuro, che questa città ha risposto come poche altre alla liberalizzazione delle emittenti private “solo” quaranta anni fa: potrebbe rispondere altrettanto bene ad un progetto dinamico di collaborazione tra giovani, basato non più sulle dediche, ovviamente, ma ricco di contenuti, anche non troppo impegnativi, ma certo, almeno, partecipativi. Questo potrebbe essere il futuro di una radio che ti accompagna durante la giornata”.

Giorgio Farina, che ai programmi preferiva i fatti, non voleva essere distolto un attimo dalla assistenza tecnica della radio: partiva di notte per garantire il “segnale” se qualcosa andava storto, oppure si girava in automobile la Valle Peligna per verificare la qualità della ricezione in tutti i punti, anche nei paesetti sperduti. Perciò è stato il maestro di quella stagione della emittenza privata. Ma, proprio per concentrarsi sul suo mestiere, non voleva noie di altro genere: quando si trattò di registrare la testata e lui doveva essere il proprietario con tutti i rischi di eventuali risarcimenti di danni per quello che si diceva nel notiziario, chiese se era possibile assicurare anche questo rischio. Ovviamente no, e comunque sarebbe costato un occhio.

Debbo dire che, pure con questa preoccupazione, non interferì mai sui contenuti del notiziario e dei commenti: si dimostrò un editore anglosassone. Dopo essersi consultato con il gruppo fondante della radio, soprattutto con Cesare Antomarchi, mi conferì l’incarico di direttore responsabile e registrammo la prima testata giornalistica da trasmettere via etere, dando un rompicapo da sciogliere ai giudici del tribunale, perché nel maggio 1976 mancava ancora un mese alla decisione clamorosa della Corte Costituzionale di liberalizzare tutte le emittenti private: registrare in tribunale un giornale che doveva essere diffuso con un mezzo non consentito non era proprio una cosa lineare. Non so come i giudici siano pervenuti a dare il disco verde; fatto sta che dagli ultimi giorni di maggio fino a tutta l’estate da Via Francesco Pantaleo 45, sotto la abitazione di Giorgio Farina e sopra una trattoria dove talvolta (finanze personali permettendo) si indugiava anche oltre mezzanotte, si diffusero torrenti di informazioni e di commenti, di interventi in tavole rotonde e di dirette radiofoniche (quasi tutte, queste ultime, per le partite di calcio).

Per allestire tre notiziari al giorno si prendevano notizie da tutto quello che succedeva nei posti più “cecati” di Sulmona e dei paesi del circondario. Il corteggiamento da parte dei politici era infinito, ma non venivano scelti in base alla loro offerta; prevaleva l’appeal che avevano sui giovani. C’è da non trascurare che, come oggi per internet, le radio private di quaranta anni fa erano appannaggio di un mondo di adolescenti  o di coppie appena sposate.

Altre individualità di rilievo in quell’ambiente pirotecnico erano Carlo d’Este, posato e riflessivo, generoso per spunti innovativi; incredibile a dirsi, Ennio Valeri e, ancora più incredibile, per commentare avvenimenti sportivi; Lillo Tirone, Gianfranco Esposito, Giovanni Ruscitti, e poi… e poi… quaranta anni pesano anche sulla memoria.

V.C.

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