24 OTTOBRE 2012 – Dopo una riunione di sei ore, il Consiglio regionale ha deciso di non dare indicazioni per la nuova ripartizione delle province in Abruzzo e, soprattutto, di non accettare la divisione tra i territori delle attuali province di L’Aquila-Teramo e Pescara-Chieti.
Si chiede al governo di eliminare da subito tutte le province. Da qui potrebbe scaturire la ripartizione in ambiti territoriali (sette in tutta la regione); ma anche questa soluzione, volta a fornire un diverso assetto per i servizi, non troverebbe tutti d’accordo.
Il messaggio inviato al governo non è sbagliato. Formare una provincia, come quella di L’Aquila-Teramo, non ha molto senso, perchè il territorio non sarebbe omogeneo, sarebbe lungo e disarticolato. Tanto più, poi, questa fase di riduzione del numero delle province potrebbe essere inutile se si pensa che comunque l’obiettivo del governo è quello di eliminare tutte le province in Italia. Il voto del Consiglio regionale, quindi, appare una presa di posizione ragionevole, anche se contiene il mandato al presidente Chiodi di rivolgersi alla Corte costituzionale nel caso di costituzione delle due province anomale. Tra l’altro, dire che tutte le province vengono abolite significa porre fine una volta per tutte ai laceranti contrasti localistici che si sono infiammati da alcuni mesi e che, a lungo andare, porterebbero solo a gravi incomprensioni tra abruzzesi. La rivolta degli aquilani contro Pescara per il capoluogo regionale nel 1970, per quanto lontana, non appartiene ad una diversa era e denota che, quando si parla di interessi di bottega, tutti vanno in prima fila, anche quelli che pretendono di dare lezioni di civiltà se sentono parlare di reazioni alla soppressione dei tribunali.