STAVA IN UN ANGOLO DEL PALAZZO MASSA E IL RISTORANTE CALDORA NE E’ STATO UN SATELLITE
26 FEBBRAIO 2017 – C’era un “vaschione” anche a Pacentro e celebrava l’acqua della Majella sgorgante direttamente in piazza, per la gioia di un intero paese che vi si specchiava. Ora sono rimaste solo le facce, i “mammocci” che non ambiscono ad essere mascheroni ormai corrosi dal tempo, ma che hanno dissetato migliaia di persone, i bisnonni di Madonna e gli altri migranti, ma pure quelli che sono rimasti con ostinazione a presidiare palazzi e piazze costruiti per una cittadina al di sotto del gigante che dorme e ora racchiusasi a paese.
Stava in un lembo del Palazzo Massa, quello stesso ripreso in una cartolina che donna Enrichetta scriveva al marito Francesco Sardi de Letto con l’indicazione “parte del mio nido”, in un epistolario stupendo del primo Novecento, intriso di struggimenti gozzaniani e di eroiche aspettative per la guerra mondiale, da qui molto lontana, ma qui molto sentita perché sul fronte c’erano pacentrani e sulmonesi in gran numero.
Per far largo ad un ampliamento di una strada, la vasca della storica fontana è stata rimossa e sul muro sono rimasti solo i mammoccetti, a far intendere per chi non sa, che ci potesse stare una sorta di gogna. Ci dà notizie preziose Carmine Cercone, che ci parla proprio di “un vaschione” e che da questa piazza non s’è mai allontanato nei cinquanta anni di ristorazione: prima accanto alla nuova fontana, poi nel palazzo Gravina, di fronte a quello Massa, poi vicino all’arco che mena a San Leonardo, confinante con una chiesina. Il mondo può ruotare intorno a un vaschione, che in genere porta bene, perchè l’acqua feconda la vita.