“LEGGEREI OVIDIO ANCORA, PER NON MORIRE”

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ECCEZIONALE RIFERIMENTO DI ELIAS CANETTI NEL LIBRO CHE AVREBBE VOLUTO SCRIVERE

20 LUGLIO 2017 – La Casa editrice “Adelphi” ha realizzato un progetto impegnativo, che attendeva da tempo una spinta di buona volontà: ordinare e coordinare tutti gli spunti, gli appunti, il parlare a se stesso, come il grande imperatore romano Marcaurelio, ma con chiave interpretativa dei giorni (quasi) nostri.

E’ così uscito un mese fa “Il libro contro la morte” del premio Nobel Elias Canetti (nella foto del titolo), l’autore di “Autodafè” e di molti altri scritti sul potere e sul suo rapporto con le masse nel ‘900. E protagonista di un “discorso di Monaco” nel quale ha voluto fare molti riferimenti alle “Metamorfosi” di Publio Ovidio Nasone.

Canetti è stato molto rigoroso nei giudizi, anche in quelli che riguardavano se stesso. E questo libro è il punto di arrivo delle tante sue opere. Il migliore tributo per la classicità viene proprio da lui, perché “contro la morte” egli evoca le “Metamorfosi” di Publio Ovidio Nasone tra “Le cose di cui mi vorrei ancora occupare”, insieme alla tragedia greca, alle gerarchie (“a cominciare dal sistema indiano delle caste, un argomento di proporzioni enormi al cui esame ho finora omesso di dedicarmi”, con l’immancabile riferimento alle espressioni del potere”) e al “libro contro la morte” (“E’ ancora il mio libro per antonomasia. Riuscirò finalmente a scriverlo tutto d’un fiato?”).

Delle Metamorfosi Canetti riporta un passo, in un’altra pagina delle sue riflessioni: cioè la promessa di Febo alla Sibilla Cumana per una vita lunga mille anni, quanti erano i granelli di sabbia di una manciata; ma la Sibilla aveva dimenticato di chiedere che fossero anni di giovinezza e perciò era destinata a invecchiare. Quando parla con Enea ha già settecento anni e… li mostra tutti. Segno che per non morire e affrontare la vita a viso aperto occorre qualcosa di molto di più che la implorazione ad avere una vita lunga.

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